L’abbondanza della Parola

In alcune comunità parrocchiali è d’abitudine semplificare la liturgia della Parola, omettendo la seconda lettura. È una possibilità prevista? In quali casi? Uno dei desideri realizzati dal Concilio Vaticano II è stato quello di aprire con larghezza i tesori della Sacra Scrittura, per permettere ai fedeli, nel corso dell’anno liturgico, di ripercorrere l’intera storia della Salvezza.

Prima della riforma liturgica, come alcuni ricordano, le letture bibliche erano piuttosto ripetitive e non particolarmente abbondanti: l’Antico Testamento era assente, l’epistolario di s. Paolo e il Vangelo seguiva uno schema annuale. Senza contare che la proclamazione era prevista nella sola lingua latina, dunque, inaccessibile alla maggior parte dei fedeli.

La Costituzione Conciliare, Sacrosancum Concilium, ha avviato la riforma il Lezionario, per permettere una migliore distribuzione dei testi biblici nel corso dell’anno liturgico, delle celebrazioni dei sacramenti, della Liturgia delle Ore. L’attuale Lezionario, infatti, recentemente rinnovato a motivo della nuova traduzione della Bibbia della CEI, prevede la proclamazione dell’intera storia della salvezza, nel corso di un triennio. Di qui la strutturazione dei lezionari festivi in anno A, B, C.

Per ogni domenica e festività, sono state previste tre letture: la prima, tratta abitualmente dall’Antico Testamento (ad eccezione del tempo pasquale, in cui è prevista la proclamazione degli Atti degli Apostoli); la seconda prevede la proclamazione dell’Apostolo (Lettere cattoliche o libro dell’Apocalisse); la terza è costituita dalla proclamazione del Vangelo.

Il criterio di distribuzione dei testi e il numero delle letture, non è casuale, ma ha un preciso intento didattico. Infatti, attraverso le pagine della sacra Scrittura, i fatti e le parole più importanti della storia della salvezza, vengono rievocati come qualcosa di continuativo e che si rende presente nella celebrazione liturgica (cfr. Introduzione al Lezionario, n° 61). La scelta delle letture segue due criteri: quello della concordanza tematica tra le letture dell’Antico testamento e del Nuovo; e il criterio della lettura semicontinua. Nel primo caso, si aiuta il fedele a cogliere l’unità dell’Antico e del Nuovo testamento, così da comprendere come la Parola di Dio è una e trova pieno compimento nel Vangelo. Con il secondo criterio, la comunità cristiana è invitata ad entrare più in profondità nel messaggio biblico, attraverso la lettura continuativa una singola lettera paolina, o un evangelista.

Questa diversità va accolta come una ricchezza: ridurre le letture, omettendo ad esempio la seconda, spesso equivale a scegliere tra quelle che più facilmente possono essere ricondotte ad un unico tema, rischiando così di impoverire la liturgia della Parola. Il più delle volte, dietro questa prassi, si nasconde la preoccupazione pastorale di proclamare solo le letture che saranno commentate nell’omelia. Ma la liturgia della Parola è molto di più che un solo messaggio da spiegare: è un Evento da celebrare che ha una sua forza propria, là dove si cura l’atto della proclamazione.

Da quanto detto appare chiaro che l’omissione di un testo biblico previsto dal lezionario non è consigliabile. Così infatti ribadiscono anche le norme liturgiche: «Nella celebrazione della Messa le letture bibliche, con i canti desunti dalla sacra Scrittura, non si possono né tralasciare, né ridurre, né il che sarebbe cosa più grave sostituire con letture non bibliche» (introduzione al Lezionario, n° 12). Si può prevedere una esemplificazione del numero delle letture solo nel caso della Messa dei fanciulli, così come previsto anche nel relativo Lezionario. Anche se è bene ricordare che questa celebrazione è consigliata sol nel caso di Messe in cui la presenza dei fanciulli è predominante e non per le abituali assemblee domenicali.

 

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