L’atmosfera dell’ascolto

Spesso, nelle nostre celebrazioni, la liturgia della Parola inizia quando gran parte dell’assemblea non è ancora predisposta all’ascolto. Qualcuno è in ritardo e cerca un posto a sedere, altri si ricordano di non avere acceso un candela e si alzano per provvedere. C’è anche chi è comodamente seduto, ma non è ancora pronto ad ascoltare ed è distratto, o scambia qualche parola con il vicino. Com’è difficile ascoltare! L’ascolto domanda concentrazione, impegno, attenzione, richiede una esplicita volontà e presuppone un certo allenamento. Non è un’arte da improvvisare o da dare per scontata. La parola di Dio risuona in assemblee molto spesso impreparate, indisposte e distratte. Come ovviare? Occorre creare un’atmosfera silenziosa, in cui ciascuno possa avere la possibilità di vivere l’ascolto. Il silenzio, infatti, è la porta dell’ascolto, né è la condizione indispensabile, la dimora in cui la Parola può risuonare e così essere accolta e portare frutto.

Il silenzio, innanzitutto, va osservato, cioè rispettato, obbedito. Domanda una esplicita fatica, presuppone una scelta. Occorre evitare i gesti rumorosi, saper tacere con la bocca, usare, se necessario, un tono di voce sommesso. L’osservanza esteriore, poi, si accompagna con una esplicita volontà di concentrazione: evitando le distrazioni degli occhi, le chiacchiere di chi è seduto vicino, il fastidio dei rumori esterni. Vanno evitate anche le distrazioni della mente, come l’accavallarsi dei pensieri, il turbamento dei ricordi. L’osservanza e la concentrazione sono il presupposto del silenzio e ad esso conducono: sgorga dal cuore, per poi avvolgere l’intera persona e diffondersi attorno. Solo quando si raggiunge la dimora silenziosa del cuore, della mente e del corpo, la Parola può finalmente essere accolta e trovare quella terra buona in cui portare frutto.

Il percorso interiore che abbiamo brevemente tratteggiato è certamente un cammino personale: tuttavia è possibile fare delle scelte pastorali, cambiare degli stili di comportamento con pochi e semplici accorgimenti che hanno la capacità di diffondere il buon profumo del silenzio. Innanzitutto facendo una chiara lotta contro l’affanno e la frettolosità dell’ultimo minuto. Correggendo la brutta abitudine di riservare gli ultimi istanti prima della celebrazione alla scelta dei lettori, dei canti, la preparazione delle offerte, ecc.

Un secondo passo, potrebbe essere quello di evitare tutte quelle parole e i gesti non strettamente indispensabili, parlando sottovoce, lì dove è necessario, muovendosi con garbo e serenità, se occorre. A questo è bene aggiungere la cura per il silenzio, con il ritmo calmo e sereno della celebrazione, rispettando i tempi previsti dal rito, migliorando la qualità della proclamazione della Parola, lo stile del canto liturgico, evitando le monizioni inutili, infine, prevedere un servizio di accoglienza che aiuti il fedele a disporsi nei posti, a disciplinare i vari movimenti e correggere, se necessario, e quando è opportuno, chi disturba e non se ne accorge con dolcezza e forza.

Coltivare il silenzio è un dono prezioso, lì dove di sceglie di curarlo con impegno e fiducia, esso elargisce doni abbondanti.

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