XIV. Esequie: l’équipe pastorale – 2

Uno dei primi compiti delle equipe di pastorale dei funerali è quello di accogliere i familiari al momento del primo contatto con la parrocchia.
 
Spesso gli uffici parrocchiali sono coadiuvati da volontari che svolgono compiti di segreteria, di carattere amministrativo o di accoglienza. Sono il «volto» della comunità cristiana che con affabilità e discernimento, mediano l’incontro con il parroco, forniscono informazioni, valutano le diverse situazioni e molto spesso, sono i primi a ricevere la comunicazione di un eventuale famigliare defunto.
È questo un momento molto delicato che, se non bene gestito, rischia di pregiudicare un incontro e di far apparire la parrocchia solo come uno sportello di servizi religiosi.
 
Le équipe di pastorale dei funerali – che abbiamo presentato nel precedente articolo – hanno il compito di mediare questo primo contatto con la famiglia ed, eventualmente, di proporre un incontro con il parroco.
La famiglia spesso non conosce la comunità parrocchiale e può avere l’impressione di dover svolgere solo una pratica amministrativa: comunicare dati anagrafici, orario e luogo della morte, eventuali costi, ecc. Il sacerdote o il laico che accoglie deve, tuttavia, preoccuparsi, prima di tutto, di stabilire legami di simpatia e solidarietà.
Così suggerisce il rituale delle esequie della chiesa francese: «Il primo contatto delle famiglie in lutto con i sacerdoti deve avvenire in un clima di dialogo umano e semplice. È importante per la famiglia incontrare qualcuno che sia accogliente, capace di silenziosa attenzione. I sacerdoti si sforzeranno di condividere la sofferenza dei congiunti, spesso sconvolti dall’evento della morte, e li aiuteranno progressivamente ad affrontare la loro prova nella fede».
 
Piccoli accorgimenti possono facilitare questo primo colloquio: un ambiente discreto, dove le persone possono essere accompagnate e fatte accomodare in un clima che favorisca una certa tranquillità e riservatezza. Una presenza discreta, che non dia segni di fretta e insofferenza. Condurre con discrezione il dialogo da un piano puramente organizzativo/amministrativo, ad uno più personale e fraterno. Lo scopo di questo colloquio è di conoscere qualcosa della vita del defunto, la sua eventuale malattia, la sua situazione familiare, il suo stato sociale, e infine, le sue scelte religiose.
Lì dove è possibile, sarebbe importante coinvolgere la famiglia alla celebrazione: la scelta delle letture, dei canti, di eventuali preghiere dei fedeli. Orientando e aiutando le persone a comprendere il significato del rito delle esequie e il senso dei gesti e delle parole, con cui la Chiesa celebra il mistero pasquale.
Da tutto questo si comprende come non sia possibile affidare un incarico così delicato ad una persona casuale e non preparata: per questo invitiamo le comunità cristiane a riflettere su un ministero così importante e che domanda una riflessione e opportune scelte pastorali.
 
«A coloro che si presentano con il loro lutto, il momento dell’accoglienza, senza che ne abbiano necessariamente coscienza, rivela qualcosa dell’accoglienza che Dio ha riservato al defunto di cui vengono a parlare. Dalla qualità dell’ascolto e del rispetto, dal suo calore, lo vogliamo o no, derivano l’immagine di un Dio accogliente che tende le mani o quella di un Dio giudice, con la freddezza delle sue domande. Colui che ‘apre le porte’ alla famiglia in lutto deve manifestare un Dio largamente aperto a tutti coloro che sono nella sofferenza» (P. Vibert).
 
 Morena BALDACCI
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