Moncalieri dai mille volti, vicina alla sua gente

Moncalieri, oltre 55 mila abitanti, 10 parrocchie, una realtà vasta e diversificata… cosa significa, per lei don Paolo Comba, moderatore, essere Unità pastorale in un territorio così vasto?
La diversificazione di Moncalieri è una caratteristica di questa città della prima cintura di Torino. Una diversificazione che, negli ultimi anni, per via dei mutamenti sociali è andata intensificandosi in modo significativo e variegato. La Città del proclama è divenuta la città dell’incontro, nel quotidiano, di culture diverse e situazioni varie: non solo i benestanti, i piccoli o medi imprenditori, gli artigiani o i negozianti, ma abbiamo assistito anche all’intrecciarsi di provenienze diverse dai paesi dell’Est o da altre parti del mondo giunti qui, nei decenni passati, per lavoro ed ora integrati nella vita cittadina.
 
L’Unità pastorale è giunta alla configurazione attuale, dopo il riordino delle Up disposto dal cardinale Poletto, allora Arcivescovo di Torino, creando così un’unica Up (allegando la parrocchia di Moriondo alla Up di Santena) dalle due Up venutesi a creare con l’avvio di questa nuova forma in tutta la diocesi. Essere Unità pastorale in una realtà così vasta è complessa non è semplice: la varietà della storia e dello stile delle parrocchie non permette un lavoro pastorale semplice, tutt’altro! Allo stesso tempo però la capillare presenza delle dieci parrocchie sull’intero territorio cittadino ci permette di avere il polso della vita della gente. Ma per il futuro penso che sia necessario rivedere, coraggiosamente, lo stile delle parrocchie per rispondere alle sfide di fronte alle quali siamo posti come cristiani nella Città.
 
Moncalieri con la sua area collinare si identifica spesso superficialmente come «zona benestante» eppure la crisi tocca anche i suoi abitanti e interpella la solidarietà di ciascuno. Come viene vissuto lo stile caritativo nell’Unità? Quali difficoltà occupazionali si registrano? Ci sono aziende in crisi, ci sono interventi a sostegno delle famiglie in difficoltà?
L’area collinare, identificata come «zona benestante», mantiene una propria identità e immagine anche se la crisi de- gli ultimi anni si sente anche in questa zona della città: prova ne è il fatto che ormai i cartelli con la scritta «vendesi» sui cancelli delle ville permangono per mesi o anni; in passato non era così: era difficile trovare casa da acquistare in collina, ed era facile vendere! Va anche detto che la collina può essere identificata come «periferia esistenziale»: per esperienza personale qui ho incontrato spesso situazioni di difficoltà esistenziali, definite da domande sul senso della vita e dell’esistenza che restano aperte. Se un tempo c’era la garanzia di un’educazione alla fede generata all’interno delle famiglie, oggi non è più così in molti casi. Si vive una fede formale, di abitudine, risvegliata nella sua autenticità di fronte ad un dramma (lutto in famiglia, malattia, crisi finanziaria, incontri….).
 
Lo stile caritativo nell’Up viene vissuto attraverso i gruppi della Caritas delle parrocchie e i gruppi del Volontariato Vincenziano: tre centri di distribuzione pacchi viveri, tre Gruppi di Volontariato Vincenziano, gruppi Caritas parrocchiali presenti quasi in ogni parrocchia, costituiscono i canali preferenziali attraverso i quali si vive lo stile caritativo. La situazione attuale interpella fortemente tutta l’Up, facendo emergere la necessità di progettare l’azione caritativa, non solo pensando a strutture, ma soprattutto riscoprendo il senso della carità partendo dalla vocazione cristiana e coinvolgendo anche le diverse associazioni di volontariato presenti sul territorio che pure rispondono a questa emergenza del sociale. L’impegno dell’intera Up per il futuro deve essere quello di concretizzare un progetto che vada sì incontro alle emergenze, ma che, rimettendo la persona al centro, testimoni quell’amore (caritas) che Dio ha per l’umano. Naturalmente, come in tutto il Paese, anche qui si registra l’accentuarsi della povertà radicata in un’emergenza lavoro: le piccole e medie imprese del territorio chiudono, vittime della crisi delle grandi fabbriche o della fuga dei capitali. Nelle nostre parrocchie registriamo il drammatico crescere dei disoccupati in tutte le fasce di età e dopo decenni di lavoro. Questa è una vera drammatica emergenza perché la mancanza di lavoro, non solo ha come conseguenza la mancanza di pane, ma porta, in molti casi, alla dipendenza (alcol, gioco…).
 
Parrocchie e partecipazione politica? Quali sfide, quali risorse, quale dialogo? Ogni anno un messaggio alla città in occasione della Patronale, quali aspetti da rimarcare?
L’intuizione dei parroci di scrivere, in occasione della festa del beato Bernardo, un Messaggio alla Città nasce dalla necessità di un confronto della Chiesa locale con la vita della Città. In questi anni abbiamo affrontato diversi temi: dall’emergenza educativa alla fede, fino al compito di «edificare la Città»; temi scelti dai parroci guardando la realtà, l’emergenza del momento. La presentazione del Messaggio è sempre occasione per un dialogo con la politica locale, ma è anche sempre l’occasione per riportare l’attenzione degli amministratori sulla necessità di ribaltare le priorità, mettendo al primo posto la persona, considerandola in particolare nella sua fragilità (povertà, dipendenze, emergenza abitativa, emergenza lavoro…).
 
Ritengo che il coinvolgimento del cristiano in politica sia parte integrante della vocazione cristiana perché hanno il preciso compito di testimoniare il valore di un’azione politica che abbia a cuore la persona e il bene comune e quindi tale ruolo nella vita politica non debba confondersi con il compromesso con la classe politica. Anche Papa Francesco richiama a questo: «Noi cristiani non possiamo giocare la parte di Pilato, lavarci le mani, non possiamo, dobbiamo immischiarci nella politica perché la politica è una delle forme più alte di carità perché cerca il bene comune e i laici cristiani devono lavorare in politica». Si registra, a livello locale, un disinteressamento da parte delle nuove generazioni alla questione politica: è la conseguenza di una sfiducia alimentata da una cultura che tradisce il vero senso della politica. Da qui viene una sfida alle parrocchie: ritornino ad essere la fucina di una cultura che porti a scoprire la politica come servizio e non come potere!
 
Il richiamo alla fede nelle comunità, e in particolare dei giovani, come si realizza? Quali risorse sono in campo?
Personalmente mi attendo dalla Visita Pastorale un forte richiamo da parte dell’Arcivescovo su questo punto. Forse c’è bisogno di snellire una pastorale obsoleta e non più corrispondente alle sfide culturali attuali, riportando l’attenzione alla centralità di una fede nel Signore Gesù, come essenza della vita. Spesso ripeto pubblicamente che Moncalieri vive in un torpore di una fede formale, apparente, non incidente nella vita degli uomini. I giovani sono più attratti dall’autenticità di un cammino che tocchi la loro vita, aprendo il cuore al senso della totalità della vita, che da teorie, surrogati o dalle ricette. Le risorse che mettiamo in campo sono gli oratori, quali luoghi educativi e di riscoperta della fede; i cammini che alcune parrocchie propongono per le diverse fasce di età insieme ad esperienze forti (esercizi spirituali, ritiri, testimonianze…). È attuale la necessità di un ripensamento della pastorale giovanile nell’Up che vada nella direzione di una proposta che renda ancora affascinante il cristianesimo per la vita.
Federica BELLO
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 14 settembre 2014
 
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