Testimonianze

I. Il dono della libertà nello scoprire il mondo

 
Dio ha fatto l’uomo libero.
Ma prima di lui, anche la natura è stata creata libera. Libera di seguire le sue leggi, che raramente il creatore si permette di violare.
 
Eppure Dio chiama proprio l’uomo a completare la creazione, con lo scopo di costruire un mondo migliore, in cui “il fanciullo si trastullerà sulla buca dell’aspide”. C’è chi pensa che le leggi di natura siano ormai tutte chiare. La goccia d’acqua scava la pietra. Il leone mangia la gazzella. Ma per fortuna ci sono uomini che non cessano di essere curiosi, che si fanno domande, che scrutano il cielo e l’intimità dell’atomo, e ogni giorno scoprono una nuova stella, una stella che nessuno aveva visto, né voleva vedere.
 
Coloro che hanno paura delle novità, coloro che pensano che sarebbe meglio non cambiare le leggi del mondo, dicono ai magi: “Andate a vedere e poi riferiteci, perché anche noi possiamo venire ad adorare”.
Per fortuna quegli scienziati venuti dall’oriente hanno seguito la stella, quella che il Signore aveva fatto loro scoprire, e hanno ascoltato la loro coscienza, quella a cui un Dio sconosciuto parlò in sogno.
 
Il Signore ha messo nelle mani dei magi la scoperta di qualcosa di nuovo nella creazione, qualcosa che nessuno si aspettava, un evento che ha violato le leggi della natura e ha stravolto la tranquillità dei benpensanti, una scoperta da far tremare i polsi, persino quelli degli scienziati: Dio si è fatto bambino nel ventre di una vergine.
 
Luca TAMAGNONE
 
 
II. Far illuminare il nostro operato dalla Parola di Dio
 
Per chi come il sottoscritto si trova a lavorare sullo studio di nuove tecnologie, la domanda che spesso ci si pone è sulla effettiva utilità di quello che dalla ricerca potrà poi diventare un prodotto di uso comune.
 
Lo sviluppo sembra spesso essere guidato solo dal fatto che intorno a queste novità si svilupperà un mercato (e cioè business economico e commerciale) che di per sè non implica anche una migliore promozione umana, o un miglioramento della qualità della vita di chi utlizzerà queste nuove tecnologie.
 
La questione non è poi affrontabile con posizioni integraliste che dividono le tecnologie in buone cattive, e la sfida da cristiani è certo quella di fare delle scelte sulle direzioni in cui investire come ricerca, facendo sintesi con lo sviluppo economico, e cercando sempre di promuovere quegli utilizzi che sono al servizio dell’uomo e della costruzione di un mondo più vivibile per tutti.
 
La complessità di queste questioni fa però sperimentare ogni giorno i limiti umani e la necessità di far illuminare il nostro operato dalla parola di Dio.
 
Fabio DOVIS
 
 
III. Scienza e fede in conflitto? (da La Stampa, 2 novembre 2006 )
 
Uno dei confronti più aspri che la storia delle società occidentali ha conosciuto è sicuramente quella tra scienza e fede: nel passato ha sovente assunto gli aspetti di un autentico conflitto, ma ancora oggi si ripresenta tra corpi sociali in competizione e che riguarda lo statuto del “sapere” e del potere che da esso deriva. Eppure la fede non ha nulla da temere dal sapere scientifico, così come la scienza non trova ostacoli nella fede, perché dalla fede è assolutamente autonoma. Non dovrebbero essere dimenticate le parole autoritative del Vaticano II: “tutte le cose sono state stabilite secondo la loro consistenza e la loro specificità. L’uomo deve rispettare questo e riconoscere i metodi propri di ciascuna delle scienze e delle tecniche… la ricerca in tutti gli spazi del sapere se è condotta in modo veramente scientifico e se segue le norme dell’etica (cioè se resta sempre a servizio dell’uomo e dell’umanità) non sarà mai opposta alla fede” (Gaudium et spes 36).
 
La scienza fa parte della vocazione e della missione dell’uomo e per questo deve sempre restare al servizio dell’umanizzazione, della qualità della convivenza sociale, della grandezza e della dignità insita in ogni persona: questa, in verità, la preoccupazione dei cristiani. Quando essi auspicano e propiziano un dialogo non lo fanno nella prospettiva di stabilire razionalmente con prove scientifiche l’esistenza di Dio e la sua azione nella storia – scienza e fede sono due istanze del sapere che non si pongono sullo stesso piano – bensì nell’ottica di un’attenzione all’uomo e di una cura della terra e del cosmo intero.
 
In questi ultimi decenni i cristiani hanno compiuto una scelta intellettuale audace: prendere sul serio il metodo scientifico che rinvia a un sapere rigoroso, ma un sapere che non pretende – come è accaduto nell’ottica positivista – di essere esaustivo e definitivo, ultimo. Occorre però che anche gli uomini della scienza, senza dover nulla alla teologia, senza innestare nella loro ricerca l’ipotesi Dio, non finiscano per identificare il “sapere religioso” con la superstizione o atteggiamento puerile. La scienza ha necessità di restare modesta, consapevole dei propri limiti, di rinunciare a pretese monopolistiche o a fare di se stessa un idolo. Già Pascal metteva in guardia sul pericolo che diventasse “un idolo la verità stessa” e questo suo ammonimento può valere in ambito scientifico come in quello teologico.
 
Oggi il possibile conflitto tra scienza e fede può essere acceso da correnti fondamentaliste cristiane e da uomini della scienza e della tecnica che pretendono uno statuto di infallibilità, soprattutto nel campo della biologia e delle sue applicazioni in medicina. Si registra infatti un confronto riguardo a quelle che Freud leggeva come tre umiliazioni inflitte all’uomo dalla modernità scientifica e che sollevano tre interrogativi: il decentramento dell’uomo rispetto al cosmo significa che l’essere umano è dovuto al caso, a un “bricolage”, secondo il termine usato negli ambienti evoluzionisti? Se l’uomo è geneticamente inscritto in una competizione di viventi, non risulta essere altro che un’espressione del “gene egoista” fondamento di tutta l’attività vitale? E se per le neuroscienze l’uomo è solo un essere neuronale, allora il suo “spirito” è unicamente il prodotto di una organizzazione del cervello?
 
Soprattutto di fronte a queste ricerche scientifiche alcuni credenti sono a volte impauriti, smarriti e ripiegano su posizioni creazioniste – come i cristiani fondamentalisti nordamericani – oppure concordiste, cioè tese a dimostrare una “concordia” tra dati scientifici e testi biblici. Non mi pare però questa la via percorribile: la strada maestra rimane quella dell’ascolto reciproco, del confronto critico, del dialogo: ciò che deve preoccupare uomini di fede e uomini di scienza è il cammino di umanizzazione personale e delle diverse società, ciò che va temuto è la strumentalizzazione, la manipolazione, la reificazione del soggetto umano.
 
Gli interrogativi sui rapporti tra scienza e potere, scienza e sviluppo, scienza e democrazia, scienza e tecnica e il loro molteplice intersecarsi riguardano tutti, credenti e non credenti. Ma gli uomini della scienza non si avventurino in opzioni teologiche né assumano opzioni contro la teologia, e i credenti, dal canto loro, non chiedano alla scienza ciò che solo la fede può dare: nella fede cristiana questo mondo e in esso l’uomo non è dovuto né al caso né alla necessità. E’ dovuto all’amore e alla libertà del Dio al quale si aderisce, del quale si fa esperienza nella vita quotidiana. Questa fede che abita i credenti è razionale, ma non deriva unicamente dalla ragione, ma dall’iniziativa di Dio. Un credente autentico non ha paura della scienza, non assume verso di essa posizioni difensive o antagoniste ma, credendo in Dio, è preoccupato del presente e dell’avvenire dell’umanità e vuole che le scienze restino e si esercitino a servizio dell’uomo e del mondo da lui abitato.
 
Enzo BIANCHI
 
 
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