«Il museo “da campo”», rubrica «Lo spigolo tondo»/28

Articolo pubblicato su «La Voce E il Tempo» del 19 giugno 2022

Nell’immaginario collettivo, il museo evoca ancora oggi un luogo solenne e austero, deputato alla conservazione delle opere d’arte. Questo nonostante l’avvento del turismo di massa lo abbia reso una irrinunciabile meta pop, nuove modernissime installazioni ne abbiano svecchiata l’immagine e rivoluzionato il linguaggio espositivo e il moltiplicarsi dei ‘musei diffusi’ abbia persino destrutturato le sedi tradizionali.

I cambiamenti sono evidenti: un visitatore del Museo Egizio di Torino che lo avesse conosciuto e visto venerando, scurissimo e vagamente lugubre come era nel secolo scorso, resterebbe a bocca aperta di fronte agli allestimenti spettacolari e quasi cinematografici che oggi accolgono le collezioni nelle sale della stessa antica sede. In aggiunta ci sono le raffinate possibilità tecnologiche un tempo impensabili. Audioguide di ogni genere, presentazioni multimediali, possibilità di interazione con i visitatori, letture virtuali delle opere, che affiancano e approfondiscono l’offerta museale fisicamente disponibile. Veramente oggi la visita ad una mostra, temporanea o permanente che sia, può risultare un’esperienza decisamente più coinvolgente e in-formativa rispetto a un tempo.

C’è poi un’altra frontiera sulla quale i musei si stanno progressivamente collocando. Accanto alla vocazione originaria, promuovono sempre più frequentemente attività culturali ibride, integrate, parallele, complementari. Si va dalle conferenze mirate ai dibattiti tra esperti, dagli incontri di lettura alle rappresentazioni sceniche o teatrali, dai concerti alle proiezioni cinematografiche: insomma, iniziative varie e miste.

Sappiamo che Papa Francesco non si stanca di indicare per la Chiesa il ruolo di «ospedale da campo» per la società moderna: un luogo che si faccia presente e vicino tra gli uomini là dove ce n’è maggior bisogno. Si potrebbe dire che i musei stanno diventando qualcosa del genere per quanto riguarda la cultura: uno spazio aperto e permeabile nei due sensi, in uno scambio di fruizione biunivoca e di osmosi tra arte, società, cronaca e costume. Questa presenza viva, che si fa capacità di azione, trasforma il museo da luogo di memoria e visita (un po’ come un cimitero, a pensarci bene) in luogo di attività partecipi e interattive con la vita degli abitanti.

È di questi giorni la notizia che a Torino Il Museo egizio, il Museo dell’auto e altri luoghi della cultura cittadina ospiteranno alcuni ambulatori di medici di medicina generale, a partire dal mese di maggio. Si tratta del progetto «Cultura di base», col sostegno di Fondazione Compagnia di San Paolo. Dice il presidente Francesco Profumo: «L’idea è che svolgere la propria attività in un luogo particolare, in un luogo bello, possa addirittura migliorare la relazione medico-paziente: è un’idea affascinante, che ci porta molto avanti». Come a dire, per i musei: l’ospedale da campo che lascia la metafora, e si fa reale.

 Lorenzo CUFFINI su «La Voce E il Tempo» del 19 giugno 2022

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