Gestire i propri soldi, scegliere dove e con chi vivere, come curarsi. Decisioni che sono terreno di scontro tra desiderio di restare autonomi e diritto a venire tutelati, se si è vulnerabili. All’amministratore di sostegno il compito di mediare.
Rossana Campisi
Essere anziani. Nell’appendice di Fuoco all’anima (ristampa Adelphi), tutta dedicata agli «anni delle passioni fredde», Leonardo Sciascia risponde a Domenico Porzio così: «Con la vecchiaia il numero degli amici si restringe, non si allarga. Abbiamo pochi amici e pochissimi coi quali andiamo completamente d’accordo. Abbiamo più passioni, ma sono passioni fredde, non passioni calde».
La terza età non è l’ultima
Se le passioni insomma restano intatte vuol dire che, da vecchi, si resta giovani: ecco il guaio, direbbe Oscar Wilde. Lo direbbero in realtà anche i quasi quattordici milioni di over 65 che hanno regalato all’Italia il primato del paese più vecchio d’Europa.
Tutelarsi economicamente
Vip compresi: da Gina Lollobrigida a Gianni Vattimo, la loro terza età è stata giudicata ora per le accuse rivolte ai loro giovani assistenti, nonché conviventi, ore per gli strani movimenti bancari. Il casus belli è spesso lei: l’autonomia, rivendicata su ogni fronte, anche economico. Ovvero quella che gli uomini di legge chiamano la “circonvenibilità”: condizione di chi è vulnerabile, dunque aggirabile perché incapace a livello psichico vuoi per vecchiaia, vuoi per malattia.
Viviamo molto più di un tempo, invecchiamo anche più soli: da vedovi, da single, da divorziati, da genitore con figlio (unico) distante o assente. E quel che sempre più spesso accade è, infine, ritrovarsi accanto un “amministratore di sostegno”, qualcuno che gestisce il nostro conto, necessità e desideri, proprio quando la memoria o l’indipendenza fisica ci tradiscono. «Quello che un tempo si chiamava “tutore legale” e che si sostitutiva in tutto e per tutto all’anziano che non poteva compiere atti semplici né fare testamenti, donazioni o sposarsi oggi non esiste quasi più. Nel 2004 è stato sostituito da una figura che ha ridato dignità alla persona che sotto tutela appariva cancellata: l’amministratore di sostegno, una persona che ha un compito che va valutato caso per caso» precisa Paola Loddo, avvocato e coautrice di La cura e la tutela dell’anziano (FrancoAngeli).
Anziani ma non solo
Marilena sta benissimo ma si gioca la pensione di reversibilità tra macchinette e Gratta e vinci. Giulio ha l’Alzheimer anche se in fase iniziale e suo figlio Nico vorrebbe proteggerlo. I vicini di casa di Stefania hanno una figlia con ritardo mentale e un figlio schizofrenico, andrebbero seguiti. Casi come questi, su iniziativa in genere di un parente, arrivano al giudice tutelare che analizza referti e documenti, sente la persona in questione e i parenti, e alla fine nomina in genere un familiare come amministratore.
L’amministratore di sostegno
La questione, però, è spesso più complessa del previsto visto che, nella difesa dell’autonomia, a una certa età è più faticoso far pace col tempo che passa. «Il conflitto psicologico tra il mantenimento della propria indipendenza e la consapevolezza dello scadimento “fisico” può creare scompensi a livello psicopatologico con conseguente rifiuto assistenziale e ostinata e orgogliosa necessità di difendere la propria libertà», precisa Franco Scapellato, geriatra e psicoterapeuta al Pio Albergo Trivulzio di Milano.
«Nella realtà di oggi purtroppo si assiste a uno smembramento dei rapporti intrafamiliari. In mancanza di un’efficiente rete sociale, è normale che serva organizzare un livello assistenziale. Ciò che dovremmo garantire agli anziani però è il mantenimento del ruolo, cioè della funzione affettiva e dell’influenza emotiva che la persona ha avuto in famiglia. Lo scadimento porta inevitabilmente un senso di frustrazione, con il rischio di depressioni. Un primo passo allora sarebbe valorizzare il ruolo dei nonni affinché la loro “storia” ci prepari a trasmettere la nostra, un passaggio che vedo sempre più debole. Dopo tanti anni, mi colpisce ancora la loro solitudine, spesso conseguenza di figli assenti. In Totò cerca pace, due persone decidono di sposarsi e diventano bersaglio di parenti interessati al loro patrimonio. È un film vecchiotto ma sembra la cronaca quotidiana del mio ambulatorio. Nel pianificare il proprio futuro serve anche una sana dose di fortuna», conclude.
Costruirsi una rete di protezione
E una versione (fortunata) ci arriva con Mariapia Veladiano, 61 anni, un figlio, autrice di Adesso che sei qui (Guanda), romanzo ispirato dal racconto di una giovane che ha accompagnato la zia malata regalandole serenità. «La fragilità della terza età è tremenda soprattutto quando convive con la povertà o la demenza. In Italia ci sono 1 milione e 400 mila persone malate di demenza senile.