Anziani, occhio alle truffe, anche sull’automobile

Prudenza - Episodi che fanno pensare a possibili tentativi di furto

La settimana che ha visto crimini efferati a danno di giovani vite (l’assassinio di Willy e lo stupro di due ragazze inglesi minorenni), per quanto riguarda la provincia torinese, ha riportato alla cronaca anche le truffe agli anziani. Questa volta una coppia è stata derubata da un malfattore travestitosi da prete, con la scusa della benedizione della casa in un periodo distante da quello pasquale, nel quale questo rito è normalmente celebrato. Si tratta di una versione originale di una messa in scena, per entrare nelle abitazioni di persona fragili, che vede protagonisti finti operai del gas o della luce, falsi amici di familiari, spacciati per gravemente malati o incidentati, simulazioni di incidenti di auto o la perforazione di pneumatici per derubarne  i guidatori. A proposito di possibili truffe con le autovetture, riportiamo quanto raccontatoci da un vecchio amico, un fatto che sembra essere un nuovo prototipo di truffa, dal quale la prudenza a non raccontare i nostri fatti personali agli estranei e la chiusura di sicurezza delle portiere può aiutare a difenderci: Sabato pomeriggio ho parcheggiato nel controviale di corso Inghilterra, tra corso Vittorio e via Cavalli, aspettando che mia figlia arrivasse a Porta Susa. Di lì a poco un’auto (una Panda scura, tirata a lucido) inizia una manovra strana, fa retromarcia dal semaforo di via Cavalli fino a dove sono posteggiato io. Mi stupisce, perché prima di me ci sono molti posti liberi, temo anche che mi bocci, ma in realtà mi si affianca in seconda fila e il guidatore, un uomo sui trent’anni, scuro di capelli, con la barba curata, ben vestito, mi fa: Ciao ti ricordi di me? Io mi scuso perché non lo riconosco, per via della mia avanzata età non ho la memoria così pronta e, nei lunghi anni di lavoro e di volontariato, ho incontrato molte persone. Continua: In quale agenzia lavoravi nel 2007-2008? Io allora lavoravo ancora, ma ho sempre svolto la mia attività nella sede centrale della mia azienda, quindi tergiverso. Mi chiede: Come ti chiami? Non glielo  dico  e gli chiedo, invece, come si chiama lui: Sono A.M., davvero non ti ricordi di me? Scendi che ti faccio vedere. Detto questo parcheggia subito dietro la mia macchina e aspetta, seduto al volante, che io scenda dalla mia. Rimango perplesso da tutta questa storia e, istintivamente, chiudo la sicura delle portiere e prendo in mano il cellulare, anche se non so bene cosa farne: mia figlia è ancora in treno e non mi sento di chiamare la Polizia, perché non mi è (ancora) successo nulla. A quel punto, il personaggio che mi aveva interpellato (adescato?), che aveva avuto modo di vedere la mia reazione, riparte senza più dirmi nulla. Aspettava che scendessi per rapinarmi? O un complice nascosto mi avrebbe portato via l’auto, dato che avrei lasciato le chiavi inserite? O avrebbe cercato di rubare la borsa appoggiata sul sedile? O sono ormai un vecchio pauroso e sospettoso?».

Stefano PASSAGGIO

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