L’ultimo saluto del nonno ucciso dal Covid-19

In terris - 21 giugno 2021

La straziante lettera di un papà che saluta la figlia, senza sapere se leggerà mai queste sue parole. Un commovente addio e una forte denuncia contro il sistema

L’addio mai pronunciato di un anziano signore morto per coronavirus all’interno di una casa di riposo assistita, quella che in una lettera consegnata di nascosto ad una suora prima di morire, ha definito “una prigione dorata”, sono le parole di tutte quelle persone che hanno perso la vita in questa pandemia da soli, negli ospizi, senza che la loro mano venisse stretta da un familiare, senza versare insieme le ultime lacrime, perdonarsi, stringersi, dirsi “ti voglio bene”. Salme che non hanno avuto funerali, né degna sepoltura.

E’ la fine, a pensarci bene, di quella generazione nata durante la guerra, o subito dopo, segnata dalla fame e dal sacrificio, alla quale non è stata risparmiata neanche la sofferenza in punto di morte: questa pandemia li sta portando via, giorno dopo giorno, nell’indifferenza di molti. Sì, nell’indifferenza, perché quello che sta avvenendo nelle Rsa del Paese mette a dura prova le coscienze di tutti. Le inchieste chiariranno le responsabilità dei singoli, ma tutti dovranno rispondere della “cultura dello scarto”, più volte evocata da Papa Francesco, che avvolge ciascuno di noi.

Guardiamoci dentro mentre leggiamo e ascoltiamo questa straziante lettera di un papà che saluta la figlia, senza sapere se leggerà mai queste sue parole: i rimpianti, i rimorsi, le riflessioni di un uomo che sa di morire. Un commovente addio e una forte denuncia contro il sistema.

La lettera

Da questo letto senza cuore scelgo di scrivervi cari miei figli e nipoti. (L’ho consegnata di nascosto a Suor Chiara nella speranza che dopo la mia morte possiate leggerla). Comprendo di non avere più tanti giorni, dal mio respiro sento che mi resta solo questa esile mano a stringere una penna ricevuta per grazia da una giovane donna che ha la tua età Elisa mia cara. E’ l’unica persona che in questo ospizio mi ha regalato qualche sorriso ma da quando porta anche lei la mascherina riesco solo a intravedere un po’ di luce dai suoi occhi; uno sguardo diverso da quello delle altre assistenti che neanche ti salutano. Non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere su dispiacere sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella “prigione”.

Si, così l’ho pensata ricordando un testo scritto da quel prete romagnolo, don Oreste Benzi che parlava di questi posti come di “prigioni dorate”. Allora mi sembrava esagerato e invece mi sono proprio ricreduto. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così…manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno “come stai nonno?”, gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi quel mio finto dolore per spostare l’attenzione e far dimenticare tutto. In questi mesi mi è mancato l’odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme.

In terris.it

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