CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN: “I VALORI RELIGIOSI: PROSPETTIVE SULLA PACE E SUL RISPETTA DELLA VITA”

(Doha, Qatar, 13 maggio 2008)

VI CONFERENZA DI DOHA SUL DIALOGO INTERRELIGIOSO DAL TEMA “I VALORI RELIGIOSI: PROSPETTIVE SULLA PACE E SUL RISPETTO DELLA VITA”
INTERVENTO DEL CARDINALE JEAN-LOUIS TAURAN
 
 
 
Doha, Qatar, 13 maggio 2008
 
Cari amici,
1. Innanzitutto desidero rendere grazie a Dio per averci riunito qui, in questo Paese ospitale e in questa bella città in occasione di tale incontro.
 
2. Desidero ringraziare anche gli organizzatori della Conferenza, giunta alla sua VI edizione. Mi congratulo con loro per aver pensato di organizzare la Conferenza, unica nel suo genere, al centro dei Paesi arabi. Osservo con soddisfazione che il popolo del Qatar è coraggioso e mantiene le promesse! Per esempio, ha promesso di ampliare la Conferenza fino a includere gli ebrei e di creare una struttura internazionale per il dialogo, l’attuale Centro internazionale di Doha per il dialogo interreligioso: entrambe le promesse sono state mantenute!
Noto inoltre che esiste una netta distinzione di ruolo fra le varie istituzioni coinvolte nella preparazione della Conferenza. Sono lieto di sottolineare il ruolo che la Facoltà di Shari’a dell’Università del Qatar ha avuto, e ancora ha, nell’organizzazione della Conferenza. Il fatto che questa Facoltà sia presieduta da una donna, nella persona della dottoressa ‘Aisha al-Mannaie, aumenta il merito del Qatar in questo processo.
 
3. Sono poi lieto di osservare la partecipazione della Chiesa cattolica e della Santa Sede a questa iniziativa. Ricordo la mia partecipazione alla II Conferenza di Doha, organizzata congiuntamente dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, esattamente dalla Commissione per i rapporti religiosi con i musulmani, e dagli interlocutori del Qatar della Facoltà di Shari’a e del Gulf center for studies, in collaborazione con il ministero degli Affari esteri, che si è svolta dal 27 al 29 maggio 2004, sul tema: “Libertà religiosa: un tema per il dialogo fra cristiani e musulmani”, con settantadue partecipanti fra musulmani e cristiani. Allora ero incaricato della Pontificia biblioteca vaticana e degli Archivi segreti della Santa Sede, dove sono conservati numerosi preziosi manoscritti islamici e arabi. Come saprete, nel giugno scorso, Sua Santità Papa Benedetto XVI mi ha chiamato a un nuovo servizio: sono il Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso. Mi accompagna monsignor Khaled Akasheh, capo dell’Ufficio per l’Islam dello stesso Consiglio.
 
4. L’assenza della Santa Sede alla V Conferenza di Doha, lo scorso anno, è stata dovuta a problemi di comunicazione e tecnici e non deve far temere che l’impegno della Chiesa cattolica per il dialogo interreligioso sia diminuito.
 
5. Infatti, fin dalla sua elezione al Pontificato, proprio il giorno successivo all’inizio solenne del suo ministero di Pastore universale della Chiesa, il 25 aprile 2005, Papa Benedetto XVI ha detto ai partecipanti alla cerimonia appartenenti a differenti tradizioni religiose: “Sono particolarmente grato per la presenza tra voi di membri della comunità musulmana, ed esprimo il mio apprezzamento per la crescita del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello sia locale sia internazionale. Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme”. Ha anche affermato: “Pertanto è imperativo impegnarsi in un dialogo autentico e sincero, costruito sul rispetto della dignità di ogni persona umana, creata, come noi cristiani fermamente crediamo, a immagine e somiglianza di Dio” (cfr Gn, 1, 26-27).
Sono certo che tutti concordiamo con Sua Santità sulla necessità di un “dialogo autentico e sincero” e sul fatto che l’incontro a cui stiamo partecipando è “autentico e sincero” e quindi duraturo e fecondo. Il dialogo, come sappiamo, è un servizio necessario all’umanità: non è più una scelta. Se ben fatto, con amore e verità, esso è sinonimo di comprensione reciproca, rispetto, pace e armonia fra le varie componenti di una società, siano esse etniche, religiose, culturali o politiche.
 
6. Sono particolarmente lieto perché in questa Conferenza si discute di valori religiosi. Noi, seguaci delle tre maggiori religioni monoteistiche, condividiamo valori religiosi con i seguaci di altre religioni e, nel fare questo, ci troviamo più vicini grazie alla fede comune in Dio Creatore, Provvidenza e fine ultimo di ogni essere umano (cfr Nostra aetate, n. 1). La preghiera, il digiuno, le elemosine (cfr Nostra aetate, n. 3), la compassione per i deboli, i malati e i poveri, il rispetto per i genitori, la solidarietà nella famiglia e nella comunità religiosa sono alcuni valori che condividiamo in quanto ebrei, cristiani e musulmani. Anche il carattere sacro della vita umana, nonostante alcune differenze, è un valore comune. Ricordo l’affermazione chiara di Papa Giovanni Paolo II: “L’essere umano è la via della Chiesa”. Penso che possiamo affermare che l’essere umano è la via di tutte le religioni! Sono lieto di apprendere che un’importante figura musulmana, Sua Maestà Abdullah, Re dell’Arabia Saudita, come ha egli stesso asserito, è in totale accordo con quanto affermato da Papa Giovanni Paolo II: “Tutti coloro che credono nella Torah, nella Bibbia e nel Corano mostrano lealtà verso l’umanità”.
 
7. A proposito della pace, permettetemi di citare un importante documento del Concilio Vaticano II, Gaudium et spes: “La pace non è la semplice assenza della guerra” (n. 78). La pace si basa sulla giustizia. La pace è il frutto dell’amore. Di conseguenza tutti i credenti hanno una responsabilità speciale nel cooperare con quanti cercano di garantire il rispetto effettivo della dignità della persona umana e dei suoi diritti, di sviluppare il senso di fraternità e solidarietà, di aiutare fratelli e sorelle in umanità a non essere schiavi del consumismo e del materialismo.
 
8. A questo proposito desidero richiamare la vostra attenzione su una specificità dei credenti. Ogni settimana, il venerdì, il sabato e la domenica, milioni di uomini e di donne, indipendentemente dalla loro età, dalla loro cultura e dalla loro condizione sociale, si riuniscono in preghiera nelle moschee, nelle sinagoghe e nelle chiese. Riescono a vivere l’unità nella diversità. Dobbiamo mettere questo patrimonio, una sorta di savoir-faire, a disposizione di tutta l’umanità. Ritengo sia un contributo significativo che possiamo apportare a una salda edificazione della pace: “Il nome dell’unico Dio deve diventare sempre di più, qual è, un nome di pace e un imperativo di pace” (Novo Millennio ineunte, n. 55) come ha scritto Papa Giovanni Paolo II.
 
9. Educhiamo i giovani alla pace, al rispetto reciproco! In quanto responsabili religiosi, promuoviamo una sana pedagogia di pace, che venga impartita nella famiglia, nelle moschee, nelle sinagoghe, nelle chiese, nelle nostre scuole, nelle nostre università! Le religioni non fanno la guerra, ma, purtroppo, come la storia ci insegna, a volte la fanno i loro seguaci.
Che Dio benedica il nostro incontro e ci doni il coraggio di essere fautori di pace!
 
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