Diciamocelo con franchezza.
Il Mistero è una cosa che, istintivamente, ci attrae e ci affascina.
Se si tratta di un mistero di fede, ci viene in soccorso la spiegazione teologica, con la limitazione che sempre di una spiegazione molto “sui generis” si tratta, essendo i due termini, mistero e spiegazione, l’uno una contraddizione in termini dell’altro.
Per questo l’artista , che si muove frequentemente per intuizioni, e secondo un linguaggio più emotivo che razionale, quando si pone il problema di come esprimere l’inaudito, coglie dei risultati magari parziali e soggettivi, ma certamente soddisfacenti, come se accendesse un faro , o almeno una fiammella, sull’ignoto che vuole raccontare.
Ma non è finita qui.
Come si cerca di illustrare parlando di #riscrittureinconsapevoli, puo’ anche darsi un caso contrario. Davanti a un’opera che parla di tutt’altro, si possono cogliere delle sensazioni e delle piccole illuminazioni che possono farci entrare in assonanza con un determinato mistero, gettando un chiarore inatteso e consentendoci uno sprazzo di comprensione in più.
Prendiamo il fatto che la Chiesa celebra il 15 di agosto: l’Assunzione di Maria.
Dogma recentissimo, del 1950, che così afferma, e rende verità di fede: “…l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo».
Dunque, un Mistero che ne compendia e ne riassume almeno altri due: quello della Immacolata Concezione, e quello della Verginità della Madonna.
Siamo nel campo dell’inspiegabile, naturalmente.
Tuttavia, mentre il primo caso investe una questione eminentemente teologica (Maria concepita “senza ombra di peccato originale”) il secondo e l’Assunzione investono centralmente la fisicità e la corporeità della madre di Gesù.
I teologi storceranno il naso, ma potremmo anche parlare, per questi, di dogmi del corpo.
E la cosa non deve stupirci, dal momento che la nostra religione è fondata sul principio della incarnazione di Dio stesso: Dio che si fa carne.
Dunque: anche carne che si fa Dio.
Maria, colei che con il suo assenso, rende possibile questa dimensione del Dio incarnato, diventa essa stessa parte, attore e protagonista di questa dinamica.
Restando, tuttavia, vera donna e vera madre.
E’ questo il doppio piano di lettura, il binario che deve essere sempre percorso.
Ben poggiati sulla unicità della Vergine da una parte , e sulla sua normalità come persona dall’altra.
Gesù è vero Dio e vero uomo?
A maggior ragione Maria è vera Madre di Dio e vera, verissima donna.
Se abbandono questo binario, se lo rendo una monorotaia che considera solo uno dei due aspetti, sono guai.
Finisco col deragliare nel devozionalismo campato per aria.
O, al contrario, nella negazione della natura di Maria come protagonista attiva e libera (in certa misura “indispensabile”) al progetto di salvezza, come Dio – secondo i cattolici – lo ha concepito.
L’Assunzione al cielo costituisce il momento del compimento definitivo di questo mistero.
Che è tale solo se visto contemporaneamente nelle sue due facce.
Unisce definitivamente il destino della Madre a quello del Figlio, entrato nella gloria con anima e corpo.
Con Maria, si riaprono in qualche modo i cieli.
Un altro corpo fisico, materiale, di carne e ossa, oltre che spirito, entra nella dimensione eterna della pienezza vera e senza fine.
Da notare che questo compimento, non avviene in sincronia con i tempi del Cristo.
Così’ come esiste un prima, di Maria senza Gesù, fino all’Annunciazione, così esiste un suo dopo, senza Gesù.
Da madre ha conosciuto la trepidazione della attesa, il dolore del parto, il diventare mamma.
Da madre conosce la tragedia del Calvario, la sepoltura del Figlio, l’esperienza della sua Resurrezione, il distacco “definitivo” dell’Ascensione.
E’ lecito chiederci: questo secondo atto della vicenda straordinaria della ragazza di Nazaret, cosa avrà significato per lei?
La solitudine, probabilmente. Tanta. Fortissima.
Il ricordo che non consola e si fa struggimento.
Il desiderio ( ma quanto lecito e quanto paralizzante?) di essere custode vivente della memoria.
La sensazione di essere restata viva, sì, ma monca. Senza ali. Pesante.
Il rimpianto, chissà se e quante volte cullato, di non essere morta insieme al figlio (in The Passion, Maria ai piedi della croce, abbraccia i piedi intrisi di sangue del figlio crocifisso, e baciandoli con passione si volge a lui e lo prega: Figlio, lasciami morire con te.)
E invece ricevere dal suo Consolatore , nalla Pentecoste, nuova forza e nuovo senso, e in questo trovare salvezza e ragione di vita.
La Maria del dopo non è più la ragazza infiammata e visionaria del Magnificat.
E’ una donna matura, invecchiata, in cui si è realizzata l’amara profezia di Simeone: una spada le ha veramente trapassato l’anima.
Ciononostante , per l’investitura ricevuta sul Calvario, è madre della prima Chiesa
Quella ai primi passi, quella apostolica, quella originaria.
E su questo avrà puntato – come gli apostoli stessi – ogni energia, ogni modo di vita, ogni orizzonte,
Mettendo a tacere il suo lato più umanamente provato.
L’ onda di questi sentimenti di vera donna e di vera mamma sarà montata in lei?
La roccia della fede e della missione non annulla l’amore e la natura materna, semmai la sublima.
Per quanto salda sia e incrollabile, è come uno scoglio che viene investito dalla marea crescente,
Dal mare del sentimento ardente.
Per quanto gli si possa opporre la volontà, dire non voglio, certi momenti tornano.
Quelli in cui la mente, la memoria e la speranza ti afferrano e ti portano a volare fuori dalla realtà .
Magari aumentano, con la stanchezza della età e la fatica degli anni.
Il cammino giornaliero si fa arduo e accidentato , incerto e indebolito il passo.
Allora tanto più assumono colore, fascino, spessore e verità i viaggi dell’anima tua.
Tra salite vertiginose verso l’alto, e repentini ritorni a quel che ti circonda.
Tra ebbrezze spirituali e deserti che ti attendono per essere percorsi, sempre uguali…
Così, forse, la vera donna Maria, pur riempita di Spirito Santo e resa Madre della Chiesa, avrà vissuto la sua seconda parte, anch’ essa – come la prima – in attesa e in speranza, serbando ogni cosa passata e presente nel suo cuore, e proiettata verso un futuro di incontro.
Di re-incontro.
Di ri-abbraccio.
C’è un particolare commovente in un dipinto del ‘400 del cosiddetto Maestro di Vignola.
Qui questo incontro sospirato è rappresentato in modo estremamente affettuoso, umanissimo.
Cristo che solleva in grembo la madre, raffigurata ormai in tarda età.
Un giovane Cristo Risorto che prende in braccio la mamma anziana, invertendo le parti tradizionali della coppia.
Forse sarà stato proprio così il momento.
Il “ grande salto” del ricongiungimento, del compimento, della Gloria.
“Io vorrei… Non Vorrei… Ma se vuoi”
Brano di Lucio Battisti, versione cantata da Mina.
Compositori: Giulio Rapetti Mogol / Lucio Battisti
Ascolta qui la canzone:
Lorenzo Cuffini
(*) L’articolo è una rielaborazione di quello già pubblicato nel blog https://scrittoridiscrittura.it/ il 15 agosto 2023