Pier Giorgio, il ribaltamento

Nuovo articolo per la rubrica "Parola, parole e musica"

C’è un celebre personaggio minore che entra di sguincio nelle vicende narrate dai Vangeli, ma che ha conosciuto una buona fortuna per via della risposta lapidaria ricevuta da Gesù stesso a una sua domanda precisa. “Un tale si avvicinò a Gesù e gli disse: «Maestro, che devo fare di buono per avere la vita eterna?»  Gesù gli rispose: «Perché m’interroghi intorno a ciò che è buono? Uno solo è il buono. Ma se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti». «Quali?» gli chiese. E Gesù rispose: «Questi: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso.  Onora tuo padre e tua madre, e ama il tuo prossimo come te stesso».  E il giovane a lui: «Tutte queste cose le ho osservate; che mi manca ancora?»  Gesù gli disse: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi».  Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni.”

 

Colpiscono alcune cose, in questo dialogo, no?

Le risposte dritto per dritto di Gesù, senza girarci tanto intorno.

La sicurezza del giovane: tutte queste cose le ho osservate! che a me è sempre parsa più che altro sicumera.  Per limitarsi al ”non commettere adulterio”, basta incrociare il comandamento in sé con quanto detto dal Nazareno in altre circostanze: “Voi avete udito che fu detto agli antichi: “Non commettere adulterio”. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” per considerare un tantino ottimistica la granitica affermazione del ragazzo.

Colpisce soprattutto l’indicazione finale: vendi ciò che hai e dàllo ai poveri, e avrai un tesoro nei cieli; poi, vieni e seguimi.” Di fronte alla quale, la baldanza del giovane pare squagliarsi come neve al sole: se ne va, rattristato, perché aveva molti beni. Segue la drammatica chiusa passata in proverbio: Gesù, vedendolo così triste, disse: «Quanto è difficile, per quelli che hanno delle ricchezze, entrare nel regno di Dio!  Perché è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio». 

 

Per quanto ci si giri intorno, questa è una di quelle pagine particolarmente scomode da mettere in pratica, che finiscono così per restare disattese, inapplicate, coperte da una montagna di eccezioni e di distinguo, con tutto un affannarsi a precisare che “non si tratta di fare questo e quello” …

Qualcuno che però, cocciutamente, la ascolta e decide di passare ai fatti, c’è stato e c’è.

Per rimanere a due esempi soli, a due altri “giovani ricchi”, possiamo ricordare Francesco d’Assisi e Piergiorgio Frassati.

Il primo  imbocca con decisione estrema la strada radicale del “quel che hai dallo ai poveri” gettando tutto letteralmente dalla finestra per abbracciare una povertà integrale accanto agli ultimi dei derelitti.

Frassatino, al contrario, senza alcun gesto eclatante, senza nessuna rottura esplicita, con una rinuncia non meno sostanziale alla roba e alle ricchezze, ma del tutto privata, tenuta nascosta in famiglia, vissuta in clandestinità: restando nella cornice, nella crosta dorata della ricchezza borghese, ma erodendola da dentro, rinunciandovi quotidianamente e sempre più, in attesa – forse – di scelte più ufficiali e strutturate che la morte giovane gli rese impossibile.

Un ribaltamento completo, rispetto al giovane ricco del Vangelo.

Nessuna sicumera, anzi nei giorni della rapidissima e letale malattia, un interrogarsi virile e consapevole: mi perdonerà Dio?  Che era tutto il contrario di una affettata esibizione di devozione, quanto l’avere metabolizzato le parole di Gesù: “senza di me , non potete nulla”.

In compenso, nessuna tristezza a velare mente e cuore, ma allegria a tutto tondo, voglia di ridere e scherzare,  buon umore proclamato e trascinante. Questo, pur nelle difficoltà, nelle sofferenze e nei dolori piccoli e grandi, che ha incontrato, come tutti.

Piergiorgio non se ne va rattristato. Resta, granitico e gioioso.

Prende sul serio quel “vieni e seguimi” e proprio quelle due parolette sono il segreto della sua forza e della sua felicità.

Prendere sul serio è, in definitiva, l’unica vera, fondamentale differenza tra i tre giovani ricchi. Quello che non lo fa, si auto-emargina e auto-imprigiona in se stesso.

A guardare la sterminata massa di ragazzi di Tor Vergata per il Giubileo dei giovani, veniva da chiedersi proprio questo.

Quanti tra loro se ne torneranno tristi, e quanti resteranno a incarnare il vieni e seguimi?

Occhio: non è una questione anagrafica o generazionale. Stessa domanda riguarda, al di là dei capelli mori o bianchi, me che scrivo e voi che leggerete.

Triste in me stesso, o lanciato con Lui?

Tra i due estremi, beninteso, ci sono tanti stati possibili e intermedi.

Che non devono scoraggiare, o far ritenere persa in partenza la partita.

Ci sono molti punti di partenza differenti, e altrettanti itinerari che mi aspettano e mi possono riguardare.

L’importante è giocarla, la partita.

Vivere, non vivacchiare, come diceva Pier Giorgio.

 

Ah, che vita meravigliosaQuesta vita dolorosaSeducente, miracolosaVita che mi spingi in mezzo al mareMi fai piangere e ballareCome un pazzo insieme a te

( Diodato, Che vita meravigliosa)

 

Ascolta qui la canzone:

https://www.youtube.com/watch?v=kAgF6D9VHHA

 

Lorenzo Cuffini

 

condividi su