Il calendario sembra fatto apposta per fregarci. Uno ha l’impressione di vivere una vita piena, intensa.
Mille cose fatte e mille e una da fare.
Poi basta il banale scorrere del tempo per farci toccare con mano che la ruota ha fatto un giro, siam di nuovo d’estate, eccoci nuovamente alle vacanze, sembra ieri e invece se n’è volato un anno. Il festival del luogo comune, ma terribilmente vero. Quello che canta Guccini è esperienza facilmente condivisibile da tutti:
E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito
Quanto tempo è ormai passato e passerà?Giornate senza senso, come un mare senza vento
Come perle di collane di tristezza Le porte dell’estate dall’ inverno son bagnate…Tuttavia c’è una cosa che, personalmente, mi impressiona ancor più. Constatare come il tempo passato, che pure non usa riguardi né alla carta d’identità né alle fotografie che inesorabilmente invecchiano, finisca col lasciare che io sostanzialmente mi senta immutato.
Io mi sento il solito.
Come è possibile? Provo a fare mente locale su quello che è successo in un anno, tra le ultime vacanze e queste. Guerre, cataclismi, sovvertimenti. Cambi di direzione, cambiamenti climatici, nuovi snodi e vecchi gomiti nella Storia, scenari completmente diversi. E anche riducendo l’orizzonte, a un livello maggiormente personale, una quantità di elementi nuovi: tante persone che se ne sono andate, qualcuna nuova che è arrivata, famiglie che si formano, famiglie che si disfano…tutto un movimento e un cambiamento intorno.
E io? Mi sento il solito.
Potrebbe anche essere una cosa positiva. Della serie: coerenza, io non cambio mai, fedele a me stesso, e via discorrendo.
Ma, con almeno altrettante probabilità, potrebbe anche essere una bella manifestazione della sindrome da paracarro. Bello fermo. Immutabile. Statico. Immoto. Inerte.
E dove starebbe, allora, il positivo?
Noi siamo i soliti, quelli così
Siamo i difficili, fatti così Noi siamo quelli delle illusioni, delle grandi passioni Noi siamo quelli che vedete quiNoi siamo i soliti, sempre così
Siamo gli inutili, fatti così Noi siamo quelli delle occasioni Prese al volo come i piccioni Noi siamo quelli che vedete quiUna lettura ambivalente, che mi suscita un certo disagio.
Ha un bel cantare Vasco: noi siamo liberi, liberi, liberi di volare. Siamo liberi, liberi, liberi di sbagliare. Siamo liberi, liberi, liberi di sognare . Siamo liberi, liberi di ricominciare.
E ha ragionissima. Se c’è una cosa fuori discussione, è che io sia libero.
Ma se sono libero di volare, e non volo? ( credevo di volare e non volo, cantava Battisti)
Se sono libero di sbagliare, e per paura di farlo, traccheggio nel mio recintino, e tutto finisce lì?
Se sono libero di sognare, ma i sogni li trasformo in illusioni perenni, che galleggiano inutili sulla mia testa?
Se sono libero di ricominciare, ma lo faccio senza cambiare una virgola di me, reiterandomi in perpetuo?
Domandine inquietanti. Alle quali c’è un antidoto sicuro: “ Ecco, Io faccio nuove tutte le cose” ( Ap 21,5)
Con tanti saluti ai (soliti) paracarri.
Ascolta “I soliti” di Vasco Rossi.
https://www.youtube.com/watch?v=nbgqdyN4-I4
Lorenzo Cuffini