OCCHIONI & MARGHERITE

Nuovo articolo per la rubrica "Parola, parole e musica"

Mi scuso se l’argomento non è dei piu’ vacanzieri. Ma bisognerà pure che qualcuno ne parli.

La malattia NON VA in vacanza.

Avete toccato ferro e alzato gli occhi al cielo? Fatto?

Bene. Allora lo posso ribadire: la malattia NON VA in vacanza.

Questo non toglie che le vacanze bussino, anche sfacciatamente, alla porta di chi la malattia la vive. Direttamente, o indirettamente.

Sulla carta, le une sembrano essere in esatta antitesi all’altra.

In molti casi, è proprio così.

In tanti altri, ove sia possibile e dove se ne abbia l’intenzione, con opportuni accorgimenti, una indispensabile programmazione, un sufficiente senso dell’umorismo, vacanze degne di questo nome, pur con limitazioni e modifiche varie, sono possibili e perfettamente godibili.

Non sempre, ovvio. Ci sono livelli di gravità tali che impongono sofferenze, problemi e ricoveri che rendono il discorso vacanze impossibile. Fuori dal mondo.

Tuttavia, anche in questi casi, si sbaglierebbe a vedere questi periodacci esclusivamente in modalità lazzaretto e con gli occhiali di un lutto anticipato.

E’ così: la malattia è spesso vista come non vita, una specie (avete sempre il ferro a portata di mano?) di piccola morte, talora neanche tanto piccola.

Non voglio indorare alcuna pillola: può essere così per davvero.

E comunque confermo che non c’è nulla di buono, di bello, di utile, di maieutico nello stare male.

Ma può capitare, quando ti  trovi, per tua sfortuna, a dover attraversare queste “ valli oscure”, di renderti conto che sempre di vita  si tratta.

Vita vera, e vita piena.

Anche se stravolta. Rovesciata. Strapazzata. Calpestata nel fisico e nello spirito.

 

Ora: uno dei campi in cui questo si può sperimentare, è quello dell’amore.

Lo so che suona sdolcinatissimo parlarne.

E farlo in certe situazioni limite, in certi mondi a parte, come gli ospedali o le strutture, sembra assurdo e tremendamente fuori luogo.

Insomma: non ti viene di parlare di “una rotonda sul mare, il nostro disco che suona”, tra i bip e i video ronzanti di un reparto di rianimazione, no?

E invece, può succedere, eccome. Può  succederti. Se non a parole, in altri modi di comunicazione.

E’ capitato a me, dunque può capitare a tutti.

Anzi. Se è successo a me, terra terra  come sono, di vivere l’amore durante una fase dura di malattia di chi mi stava accanto, possiamo dire che la cosa è alla portata generale…

Premessa indispensabile: io sono stato aiutato. Da un paio di occhioni – spettacolari – e dal nome di un fiore.

Entrambi appartenenti a mia moglie.

Con quegli occhioni spalancati e azzurrissimi a parlarmi, anche quando tubi e maschere e ventilatori rendevano impossibili i discorsi.

E con il suo essere una margherita, anzi una Margherita, anzi una Margheritissima: che mi ha consentito, non appena possibile, di stare con lei, sempre.

Risucchiandomi in quel blu dipinto di blu e trasferendomi un poco del suo essere. Essere un fiore sì, ma d’acciaio, come la steel magnolia del cinema…

In definitiva, il periodo è stato orrendo, ma lei me lo ha reso (lo capisco adesso) anche romantico.

Dolorosissimo, ma palpitante.

A rischio totale, ma anche fortemente di coppia.

Perché  queste cose ci sono, accadono, e bisogna pure che qualcuno, che le ha vissute, ne parli.

Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre»»..( Lc 19,40)

O perlomeno, lo faranno le parole di una canzone.

Ascoltandola, oggi, a me porta folate di quei giorni tosti, appassionati, indimenticati.

 

Questo amore non è solamente una stupida scusa
Una corsa in un taxi in una serata confusa
Questa storia non è solamente un castello di sabbia
Che ci è entrata negli occhi e prende la forma dell’aria
Ma devo farci l’abitudine come alla pizza senza glutine
Che non mi piace ma la mangio anche stasera solo perché so che piace a te”…

 

“Una stupida scusa” di Boomdabash e Bertè

https://www.youtube.com/watch?v=dczJ8rGqscA

 

Lorenzo Cuffini

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