Attività fisica e corretto regime alimentare per un invecchiamento sano

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Uno studio pubblicato sul “British Medical Journal” ha evidenziato quanto l’attività fisica, anche il solo camminare, unita ad un’alimentazione personalizzata riducano del 22% il rischio di disabilità motoria nelle persone sopra i 70 anni

Eliana Astorri – Città del Vaticano

SPRINTT è il nome dello studio condotto da ricercatori italiani della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli-Università Cattolica, Campus di Roma, guidati dai professori Roberto Bernabei, Francesco Landi ed Emanuele Marzetti. Il progetto europeo, finanziato nel 2014, è nato per combattere la fragilità fisica e la sarcopenia, ovvero la  diminuzione della muscolatura, aspetti tipici dell’invecchiamento. L’osservazione, durata tre anni, ha coinvolto 1519 over 70. Una parte dei quali sottoposti ad attività fisica, mentre gli altri sono stati monitorati durante la loro partecipazione a corsi di formazione sull’invecchiamento sano e ad un breve programma di esercizi stretching.

In che modo è stato organizzato lo studio? Risponde il professor Roberto Bernabei, direttore del dipartimento scienze dell’Invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli:

Lo studio sui fragili

In che modo è stato organizzato lo studio? Risponde il professor Roberto Bernabei, direttore del dipartimento scienze dell’Invecchiamento, neurologiche, ortopediche e della testa-collo della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli:

Ascolta l’intervista al professor Roberto Bernabei

Nel 2014 è partito il progetto SPRINTT con il finanziamento dell’IMI, Innovative Medicines Iniziative, che oggi ha condotto a risultati molto positivi atti a contrastare la fragilità fisica e la sarcopenia che lo stesso studio ha definito “nuova condizione clinica”. Cosa accade alla persona anziana che vive queste condizioni?

Teniamo presente che dietro la nuova parola “sarcopenia”, c’è invece una parola che abbiamo tutti imparato ad utilizzare con la pandemia che è la fragilità. La pandemia colpisce i fragili che, intuitivamente sono coloro ai quali basta poco perché vadano giù di carreggiata, abbiano problemi e nei quali qualsiasi insulto provochi danni infiniti. Il problema della vecchiezza è proprio questo, un concentrato di fragilità e di diminuita massa muscolare: la sarcopenia. Le dico chiaramente che può definire qualcuno “vecchio”, quando lo vede che cammina rallentato rispetto all’ultima volta che lo aveva visto: quello è il concentrato di fragilità e di sarcopenia. La cosa bella di questo studio è di trovare un modo per bloccare questo rallentamento del cammino che poi è l’inizio della vecchiezza.

Con quali strumenti viene calcolata la massa muscolare dell’anziano e quale valore si deve avere per poter stare in piedi in modo autonomo?

Per il momento c’è la Dexa che è quello strumento con cui, per capirci, si misura anche l’osteoporosi. Sono macchine che ci danno esattamente lo spessore del muscolo e ci danno la varianza nel tempo dello stesso. Non c’è un numero preciso. Bisogna fare dei calcoli riferiti sempre alla persona ed è una delle cose che spesso non facciamo perché non c’è un’abitudine a misurare questo indice di invecchiamento.

E’ stato un lavoro molto complesso. Pensi che abbiamo lavorato con 13 nazioni europee, con centri in tutta Europa per dare una configurazione europea perché se fossero stati solo italiani, magari uno poteva dire che gli italiani sono diversi dai francesi o dagli spagnoli o dai finlandesi. E queste persone erano tutte ultrasettantenni, tutte né troppo sane, né troppo malate. Il settantenne medio che ha un po’ di acciacchi e che ancora non è disabile, ma è fragile: fragile perché ha difficoltà appunto nella velocità del cammino, ha difficoltà ad alzarsi dalla sedia o a rimanere in equilibrio sui due piedi. Questo è il punto di arruolamento, non le malattie. Abbiamo arruolato dei fragili e abbiamo visto che la metà di questi 1500 e più,  se trattati con un esercizio fisico particolare, non solo camminare, quindi un esercizio aerobico, ma anche un esercizio contro resistenza  che aumenta la massa magra, che aumenta il muscolo, ma anche con un supplemento proteico preciso – perché poi la gente si dimentica di mangiare bene – allora, se tu metti insieme la benzina delle proteine che dai, all’esercizio fisico, queste persone hanno straordinariamente risposto e sono diventati molto meno disabili rispetto al gruppo di controllo che non faceva queste cose. Questo vuol dire che in questo modo si blocca la fragilità e soprattutto vuol dire che c’è un gruppo, questa nuova condizione fisica, fragilità e sarcopenia, su cui oggi abbiamo testato l’esercizio fisico e le proteine e domani magari testeremo una molecola rallenti l’invecchiamento.

Per quanto riguarda i dati, cosa avete evidenziato in chi ha partecipato all’intervento in modo

fattivo e in chi è stato seguito attraverso i controlli?

E’ molto semplice. Il test finale era di compiere 400 metri in meno di 15 minuti che è il “marchio” della disabilità. Se non ce la fai, sei disabile.  Quelli che avevano fatto l’esercizio fisico e avevano un corretto apporto proteico erano capaci di fare i 400 metri in meno di 15 minuti. Ma non solo. Nei test di performance fisica, che sono quelli che appunto misurano la velocità del cammino, la capacità di alzarsi dalla sedia, mostravano dei risultati statisticamente formidabili, molto migliori di quelli del gruppo di controllo. Per dire che questa miscela ti mantiene giovane. Adesso io esagero, ma è per capirci. Insomma, è una miscela di intervento oggi che certamente blocca la fragilità.

E’ una evidenza, quindi, che un’attività fisica, anche basilare come camminare, e una corretta alimentazione personalizzata, ritardino nell’anziano quella lentezza nei movimenti che con il tempo conduce a problemi di deambulazione fino alla disabilità motoria. Lo studio guidato da lei e dai professori Landi e Marzetti, proseguirà?

Speriamo di sì. Come al solito, dipende dai finanziamenti. Tenga presente che il finanziamento dell’Innovative Medicines Iniziative è tra i finanziamenti più corposi che vengono dati in Europa, intorno ai 55 milioni di euro. Perché sono lavori complicatissimi, molto difficili, si devono seguire queste persone in modo molto attento, con degli istruttori. Insomma, è un lavoro importante. Ciò che mi auguro, avendo identificato questa condizione clinica che è un momento preciso in cui non sei troppo sano non è troppo malato, ma sei già un po’ malato, è che da domani possiamo testare su questa popolazione, non più solo l’intervento fisico e proteico, ma appunto testare dei farmaci che ci aiutino, per la prima volta perché non ce ne sono, a rallentare l’invecchiamento.

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