«Corsica: lingua e libertà», rubrica «Lo spigolo tondo»/29

Articolo pubblicato su «La Voce E il Tempo» del 17 luglio 2022

Da Ponteleccia, centro nell’area nord occidentale della Corsica che è snodo per l’isola, occorrono ancora quattordici chilometri per raggiungere Morosaglia, a 860 metri d’altitudine nella fitta vegetazione montana della Castagniccia. Lo si raggiunge percorrendo una strada tutta curve, dove si incontrano solo alcune mucche che pascolano tranquille lontano da case e pastori. Lì ha avuto i natali il «babbu di a patria», Pascal Paoli, colui a cui si deve la nascita di una nazione indipendente con Corte capitale dal 1755 al 1769, prima che l’isola tornasse occupata dai francesi.

La storia è scritta nei libri, lo spirito fiero e il desiderio di indipendenza che anima la gente dell’ilè de beauté lo si può cogliere nei piccoli centri come Morosaglia, lontano dai flussi del turismo. A me è successo in una biscotteria lassù sui monti, quando il titolare, accortosi della mia nazionalità dopo uno scambio di battute in francese, ha esclamato: «Italiani? Parlemu corsu!». La lingua madre è per tutti veicolo di identità e riconoscere le similitudini tra diversi idiomi significa accettare frammenti di storia condivisa.

«Ci sentiamo italiani per lingua, costumi e tradizioni», proclamò Pascal Paoli nel 1750, e infatti fino al 1859 l’italiano fu lingua ufficiale in Corsica. I corsi sono estremamente attaccati alla propria terra e cultura, visceralmente e passionalmente, quindi il legame con la propria lingua non è solo qualcosa di intimo e naturale ma diventa anche strumento di lotta: usarla significa affermarsi e rivendicare. Non solo adulti e anziani, ma anche i giovani parlano e cantano in corso (belli e nostalgici i canti polifonici corsi), aumentano scuole e lezioni di corso in tutta l’isola, fioriscono gruppi su facebook e pubblicazioni.

Cosa significa questo in un tempo dominato dalla globalizzazione? Se da una parte è affascinante (finanche giusto) pensare che un popolo voglia rivendicare la propria libertà e indipendenza, dall’altra ciò scatena profonde riflessioni. Nella scorsa primavera sull’isola, in seguito ai fatti di cronaca legati a un militante indipendentista corso, ci sono state numerose manifestazioni (alcune finite con scontri violenti) a favore dell’autonomia dalla Francia tanto da spingere il ministro dell’Interno ad aprire un possibile spiraglio in tal senso.

Senza voler entrare nel merito della questione politica, ecco che viene da chiedersi quale significato possano avere oggi le parole di Jean-Jacques Rousseau: «Io ho il presentimento che un giorno questa piccola isola sorprenderà l’Europa». E forse non è un caso che la pianta che regala quell’avvolgente e particolare profumo al maquis che inebria l’aria nei giorni di caldo come in quelli di vento venga chiamata immortelle (elicriso), perché immortale è il desiderio di indipendenza dell’uomo e di un popolo che ama la propria terra.

Sara BAUDUCCO su «La Voce E il Tempo» del 17 luglio 2022

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