T.O.P. Tavolo Oratori Piemonte

Dopo l’incontro tra l’Arcivescovo di Torino e Presidente della Conferenza Episcopale Piemonte e Valle D’Aosta, mons. Cesare Nosiglia e mons. Guido Gallese, Delegato per la Pastorale Giovanile di Piemonte e Valle D’Aosta, con il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, è stato avviato   un progetto comune, chiamato «T.O.P. – Tavolo Oratori Piemonte», per studiare e valutare le condizioni di praticabilità delle attività degli Oratori estivi, in vista delle scelte – politiche e pastorali – che Regione e Diocesi piemontesi dovranno assumere su questo tema. Ma un terzo passo importante è stato compiuto attraverso la consultazione del clero diocesano, che ha visto un’ampia e qualificata partecipazione, in un clima costruttivo e propositivo, di attenzione, ascolto e coinvolgimento.

L’agenda del nostro discernimento comune può dunque essere aggiornata, mettendo meglio a fuoco i grandi temi di questa complessa sfida pastorale. Vorrei qui porre in evidenza il primo aspetto e indicarne soltanto un secondo e un terzo, da approfondire successivamente, in relazione ai lavori del Tavolo sugli Oratori.

 

La vocazione originaria dell’Oratorio

La pandemia del Covid-19 ha certamente stravolto la vita sociale ed ecclesiale ma ci ha costretto a tornare all’essenziale su tanti aspetti, a fare verità, ad interrogarci sul senso del nostro agire. Ecco perché, all’inizio del nostro discernimento sull’Oratorio nella fase 2 della pandemia, dobbiamo innanzitutto interrogarci sulle ragioni del nostro agire in Oratorio e attraverso l’Oratorio. Se non torniamo ad riascoltare la vocazione originaria dell’Oratorio, non solo non potremo immaginare nulla di fecondo in questo tempo di contagio, ma saremo inevitabilmente sopraffatti dallo scoraggiamento, tanto da arrenderci di fronte all’oggettiva complessità che dobbiamo affrontare. L’Oratorio, nel cuore dei Santi che lo hanno concepito e nel grembo della Chiesa che lo ha generato, nasce per la cura pastorale delle giovani generazioni. Si tratta di una cura che è segno della compassione di Dio per le sue creature ed esprime la passione d’amore della Chiesa per i giovani. Una compassione e una passione che si attuano come educazione ed evangelizzazione delle giovani generazioni. Solo se avremo chiaro questo orizzonte potremo procedere. Come si è già detto, infatti, la priorità non è la riapertura degli Oratori fine a se stessa, ma la prossimità a bambini, ragazzi, adolescenti e giovani, sopratutto in questi mesi difficili. Qui è il nostro specifico, la nostra originalità, il nostro “carisma pastorale”. Se non (ri)partiamo dal Vangelo della prossimità non potremo andare molto lontano.

Sottolineare la nostra specificità non significa però, soprattutto oggi, pensare di poter bastare a noi stessi, presumere di non aver bisogno di alleanze educative, di restare o diventare autoreferenziali. Ce lo ha ricordato Papa Francesco più volte in questo tempo di pandemia, come nella preghiera del 27 marzo u.s.: «ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo. Ma solo insieme. Nessuno si salva da solo». Rinnovare il dialogo tra l’Oratorio e le famiglie, intensificare il lavoro di Unità Pastorale, ritrovare un’appartenenza diocesana, promuovere confronti con le istituzioni, sollecitare nuove alleanze educative, sostenere un lavoro di squadra sono modalità imprescindibili per far crescere il carisma specifico dell’Oratorio.

 

L’inedito di questo tempo

Un secondo aspetto di cui tenere conto per il nostro discernimento riguarda la il cambiamento (radicale) delle condizioni che ci consentono o ci impediscono di fare Oratorio nei prossimi mesi: il contagio e l’incertezza.

Dopo il lockdown dei due mesi passati, siamo entrati nella fase 2 che, se vede allentate molte misure di restrizione per la prevenzione del contagio del coronavirus, sarà comunque ancora caratterizzata da disposizioni di distanziamento sociale, sopratutto per i minori e le figure educative a loro dedicate. In questo momento sono ancora premature le ipotesi di norme di prevenzione da adottare nelle attività di Oratorio estivo. Dobbiamo essere però ben consapevoli che esse rappresentano le prime e ineludibili condizioni di praticabilità, cui dovremmo attenerci con intelligenza e responsabilità.

Ma c’è un secondo aspetto da considerare, che ugualmente ci condiziona: l’incertezza. Essa ha a che fare con la curva del contagio dopo le progressive riaperture delle attività, con la crisi economica che si preannuncia molto acuta, con le incognite della vita sociale, dipende dalle disposizioni normative del Governo, si confronta con le loro attuazioni regionali e, non da ultimo, è un’incertezza che pervade anche le nostre comunità, tra timori ed entusiasmi. Se impariamo a fare i conti con l’incertezza radicale legata al nostro essere creaturale, l’emergenza del Covid-19 ci costringe a convivere – per molti mesi ancora – con queste forme di incertezza, chiedendoci sì di programmare ma senza aspettarci certezze procedurali irriformabili, con l’umiltà di chi chiede e attende luce per un passo alla volta. Non sarà facile ma dovremo aiutare anche i nostri educatori ed animatori a «stare» in questo tempo inedito, con la forza e la certezza (quelle sì!) che vengono dal Signore Gesù, crocifisso e risorto.

 

Ripensare il nostro agire pastorale 

Il prossimo passaggio, anticipato nel recente confronto con il clero, metterà a fuoco i criteri di fondo (gradualità, modularità e differenziazione) e le priorità delle nostre attività pastorali nella prossima estate.

In gioco, è ormai facilmente intuibile, non è solo l’estate, ma – più radicalmente – il nostro stesso agire pastorale. Chiediamo la grazia dello Spirito Santo perché questa esperienza difficile si trasformi per tutti in un’occasione di nuovo slancio per l’annuncio del Vangelo per le giovani generazioni.

don Luca Ramello 

 

 

condividi su