Il primo tentativo volto a salvaguardare il patrimonio archivistico qui conservato si deve all'arcivescovo Beggiamo (1662-1689) che affidò a un suo collaboratore, il notaio curiale Giovanni Busini, l'incarico di procedere alla redazione di un repertorio del materiale cartaceo e pergamenaceo rimasto dopo anni di peregrinazioni. Il Busini si diede, a partire dal 1676, a una accurata e sistematica inventariazione e regestazione delle carte: la conseguenza di maggior peso dell'opera del Busini, dal titolo Repertorium scripturarum veterum, fu  la possibilità di rafforzare gli interessi e la difesa del patrimonio della mensa arcivescovile, attraverso la disponibilità e il facile reperimento della documentazione occorrente contro ogni tentativo di contestazione.
Le stesse esigenze spinsero l'arcivescovo Francesco Luserna Rorengo di Rorà (1768-1778) a attuare il proseguimento e l'aggiornamento del riordino archivistico, facendo  redigere nel 1768 il Compendio delle scritture dell'Arcivescovado di Torino, dotato di 60 categorie ( riguardanti diplomi, bolle, taglie e sussidi ecclesiastici, il palazzo arcivescovile, feudi, decime, atti criminali, protocolli, visite pastorali, scritture varie ) suddivise in mazzi.
L'ordinamento in categorie fu rispettato anche in seguito e rimase immutato per circa un secolo; nel 1804 Agostino Torelli produsse 4 volumi con indici dei protocolli e altri strumenti manoscritti di consultazione.
Seguirono alcuni censimenti: quello piuttosto schematico di M. Rocchietti del 1923 relativo all'Archivio della Curia, e quello compilato dall'archivista Tommaso Castagno tra il 1942 e il 1947, che indica 38 titoli.
Nel 1965 presero avvio i lavori di ordinamento e si elaborò il titolario dell'Archivio Arcivescovile di Torino, che risultò costituito da 37 titoli. 
Nel 1972 l'archivista Oreste Favaro ne elaborò una ripartizione in 22 sezioni, suddivise in serie contenute in volumi, cartelle o mazzi; l'attuale ordinamento, pubblicato nel 1980, si deve a Giuseppe Briacca.
 

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