UN’ALLEANZA EDUCATIVA PER LA SCUOLA

Intervento dell'Arcivescovo do Torino, Mons. Cesare Nosiglia, all'incontro con i genitori, dirigenti e docenti per la Settimana della Scuola 2017

Non entro in merito al discorso su don Milani, oggetto del vostro incontro, pur avendo sempre apprezzato il coraggio di questo sacerdote e la sua determinazione e serietà, anche nei confronti della Chiesa, oltre che della scuola. La scuola, com’egli la voleva, era impegnativa sia per gli alunni sia per i docenti, priva di intellettualismi e idee astratte, anche se giuste, e senza quell’apprendimento nozionistico e rigidamente rispettoso delle norme, che di fatto non poneva al centro l’alunno, tenendo conto di tutte le esigenze, attese e difficoltà che ciascun studente porta con sé. La critica costruttiva di don Milani è stata ai suoi tempi una ventata di rinnovamento, che ha inciso profondamente sull’andamento futuro della scuola.

 

Oggi viviamo un momento di difficile transizione, particolarmente delicato e decisivo per la vita delle istituzioni educative: esse attendono di essere rinnovate perché abbiano maggiore incisività, sappiano dare risposte efficaci alle sfide di una società in continua trasformazione, che pone domande inedite ed esprime bisogni di significato e di speranza. C’è l’esigenza di focalizzare nuovi contenuti, di individuare nuovi strumenti e strategie operative, diverse forme e modalità di presenza, in risposta alle esigenze della comunità civile ed ecclesiale. E soprattutto si deve far fronte al grande impatto che ha sui ragazzi e la cultura stessa l’uso continuo dei media e della rete, con i suoi messaggi contradditori e a volte anche fuorvianti.

Sappiamo per esperienza che l’urgenza di un impegno educativo serio, motivato, responsabile è sempre più evidente: se è stato necessario mettere a fuoco il tema dell’educazione negli anni scorsi, lo è tanto più oggi, in una società disorientata che stenta a trovare un comune orizzonte di valori, capaci di indirizzare in modo intenzionale e consapevole l’azione educativa verso esiti di bene e di sviluppo della persona, aperta alla relazione con se stessa e con gli altri. Occorre che tutti ci mettiamo in gioco. Si tratta, nello stesso tempo, di restituire l’adulto alla sua specifica vocazione educativa, fornendogli gli strumenti necessari per affrontare, in modo consapevole e coerente, le nuove sfide, mettendolo in condizione di aprire un dialogo fecondo con le giovani generazioni, dalle quali non deve aver paura di essere provocato e scomodato, fino a mettere in discussione punti di vista e sicurezze.

Tra le istituzioni, la scuola deve starci particolarmente a cuore: essa rimane, nonostante tutto, un luogo educativo strategico per la formazione delle nuove generazioni e per il futuro della società. Nella scuola devono convergere gli sforzi di tutti, perché la scuola è un “bene comune”. Per questo si parla con insistenza di promuovere “un’alleanza educativa per la scuola”. Su tale ampia problematica, invito, dunque, ciascuno a riflettere e interrogarsi, per lavorare con rinnovata passione e  perseveranza, ricercando strade praticabili e innovative rispetto ai bisogni emergenti e per intessere relazioni e “reti” tra le diverse realtà educative.

Occorre comprendere che la scuola appartiene alla comunità e con essa stabilire un rapporto fecondo di collaborazione e di reciproco scambio. Naturalmente, il compito della diocesi, delle istituzioni e del mondo della cultura e dei media è di animazione e di sensibilizzazione alle problematiche educative e scolastiche, in modo che ogni componente (genitori, studenti, dirigenti, docenti, personale) sappia esprimere una partecipazione attiva all’interno della realtà scolastica. Essa è chiamata a dar vita a un progetto educativo e a un’offerta formativa attenti allo sviluppo plenario della persona, alle dinamiche relazionali e all’elaborazione di una cultura che sappia coniugare conoscenze, competenze e abilità con la capacità di vivere da persone libere e responsabili, coltivando il senso del bello, del giusto e del bene, nel segno di una cittadinanza attiva. È quanto si è messo al centro della “Settimana della scuola” di quest’anno con il tema “Sapere-Fare-Bene. Mettiamo mano all’intelligenza!”. L’alleanza comporta anche un coinvolgimento del territorio, perché esso rappresenta quell’ambiente culturale, sociale e religioso di prim’ordine che non può essere ignorato dalla scuola, pena una sua autoreferenzialità chiusa in se stessa e tutta orientata a qualificare e promuovere le proprie attività interne, non valorizzando la storia e le realtà concrete del territorio, sotto il profilo sia civile che ecclesiale. La scuola dell’autonomia del resto comporta questo stretto raccordo, che va dunque attuato e valorizzato sul piano culturale e di educazione alla cittadinanza. L’alternanza scuola-lavoro per le scuole secondarie superiori ha ribadito con forza tale principio.

 

Per raggiungere le finalità che ho indicato, possono essere utili alcune linee di azione: 1) sostenere e rimotivare i docenti al compito educativo come vocazione esigente, che richiede competenza, disponibilità, apertura all’altro, capacità relazionali, creando luoghi e momenti di incontro, di riflessione, di scambio di esperienze; 2) animare gli studenti, perché possano vivere in modo costruttivo, creativo e progettuale l’esperienza scolastica, rilanciando la partecipazione, come momento importante per costruire la comunità educante; 3) suscitare nei genitori l’assunzione della responsabilità educativa come impegno strategico fondamentale, che si realizza anche attraverso la collaborazione con la scuola, in modo non episodico e delegato; 4) valorizzare e rivitalizzare le associazioni professionali e di categoria, creando occasioni di dialogo per un’azione condivisa a favore dei diversi soggetti (studenti, genitori, docenti) della scuola nel suo complesso e del territorio; 5) creare una mentalità di “rete” tra le istituzioni educative, condividendo le esperienze del volontariato sociale, per un impegno comune nei settori dell’accoglienza, dell’integrazione, della dispersione scolastica, della marginalità, in modo da creare sinergie utili per confrontarsi con i problemi complessi con qualche speranza di successo. Insieme è possibile esprimere una comune progettualità sui grandi temi della pace, della giustizia, dello sviluppo sostenibile, della cooperazione internazionale, dei diritti umani, della solidarietà, del dialogo interculturale e interreligioso.

L’alleanza educativa deve sempre mettere al centro ogni alunno, che è il soggetto principe, per cui vive e ha un futuro la scuola stessa. E insieme all’alunno la sua famiglia. Su questo punto, credo che occorra un serio esame di coscienza e un’inversione di rotta, a partire anzitutto proprio dalla famiglia, che va ricuperata nella sua centralità non solo educativa, ma di realtà umana e sociale, oltre che spirituale, primaria ed insostituibile in ogni età della vita.

La famiglia è oggi il soggetto debole che più va sostenuto e valorizzato sotto ogni profilo: politico, culturale, sociale, comunicativo, religioso, proprio in vista di un investimento prezioso e necessario verso di essa e verso tutti i suoi membri, in primis le nuove generazioni. La scuola, la politica e le istituzioni, la parrocchia e la Chiesa, la società in genere debbono investire le loro risorse sulla famiglia perché, a sua volta, questa le investa sui figli e dunque sul futuro della stessa società.

Credo che qui stia un nodo educativo di fondo da sciogliere: ogni sforzo verso i ragazzi, verso gli anziani e verso molti aspetti della vita sociale e religiosa può trovare una radice di nuova linfa e vigore a partire dalla famiglia, aiutata ad essere soggetto primo e responsabile della propria crescita e di quella di tutti i suoi membri. Insieme alla famiglia è necessario dare vita a luoghi, occasioni ed iniziative di incontro tra generazioni, che permettano di arricchirsi gli uni dei doni degli altri. Penso in particolare agli oratori, che, a mio avviso, rappresentano, anche oggi, una realtà di comunione e di incontro tra famiglie e tra generazioni.

Similmente agli oratori, in molti paesi, piccoli e medi, della nostra terra è ancora possibile vivere l’atmosfera tipica del “villaggio globale”, nel senso dell’idea che questa realtà richiama dal punto di vista dell’omogeneità e vicinanza culturale, religiosa e sociale. Certo, abbiamo nella diocesi di Torino anche città e grossi centri urbani, che vivono di fatto una cultura cittadina, dove realizzare questi intenti è più difficile. Mi pare però che con uno sforzo di lavoro congiunto tra parrocchie, realtà culturali, sportive e sociali, scuola e famiglia, si potrebbe dare vita ad un prezioso e necessario tessuto umano e solidale tra le persone e le generazioni, a vantaggio di una comunione di vita migliore, meno conflittuale e più accogliente. In questo contesto, diventerebbe più facile gestire anche le situazioni di emarginazione e di difficoltà di cui soffrono tanti ragazzi e giovani e le loro famiglie.

 

Conclusione — Il discorso, dunque, non riguarda solo l’azione a pioggia per fra fronte alle emergenze, ma la realizzazione di un progetto globale, gestito insieme da tutte le componenti interessate, per promuovere una rete di relazioni e di dialogo basata su valori umani, spirituali e civili condivisi. Dentro questa rete, i ragazzi ed i giovani possono esprimere le loro potenzialità positive e diventare una vera risorsa per la comunità, mentre si arricchiscono dell’apporto necessario della memoria e della ricchezza di valori di cui sono portatori gli anziani e gli adulti.

Aggiungo un elemento non secondario, che è una variante che va tenuta presente nel parlare di scuola. Mi riferisco al fatto che essa ha sempre avuto curriculi e programmi ovviamente distinti, pur nell’omogeneità degli indirizzi. Oltre a questo, debbono essere riconosciute e valorizzate le diverse tipologie di scuola che il sistema scolastico contempla e chiama “scuola pubblica”: mi riferisco in particolare alla scuola paritaria, che è a tutti gli effetti “scuola pubblica” e fa parte dunque a pieno titolo del sistema scolastico nazionale, la quale non è supportata da adeguate risorse dello Stato, come dovrebbe se la legge di parità fosse attuata pienamente. Così pure la scuola di formazione professionale, che non è di serie B, ma va sostenuta e riconosciuta nella sua positività e necessità.

Giustamente, noi abbiamo promosso la “Settimana della scuola” comprendendo tutte le scuole, senza differenze; e sono lieto che molte statali sia primarie sia secondarie di primo e secondo grado abbiano partecipato, insieme a quelle paritarie e di formazione professionale. Ringrazio pertanto l’Ufficio diocesano per la pastorale scolastica e quanti hanno lavorato con impegno per preparare e celebrare la Settimana: essa ha avuto un’ampia partecipazione, segno che è ormai entrata nella tradizione del nostro territorio.

Grazie dunque anche a voi, oggi, e buon lavoro.

 

(Torino, Istituto Sociale, 20 ottobre 2017)

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