LA GUERRA

Riflessione

La guerra e il conflitto armato sono tornati prepotentemente a rioccupare lo scenario europeo come non si vedeva da diversi decenni.

Lo spazio delle armi ha sostituito quello della politica e della diplomazia, per far posto alla distruzione, alla violenza, alla morte e alla desolazione. Solamente venti giorni fa la popolazione ucraina viveva nella normalità: il lavoro, la scuola, la famiglia e le relazioni sociali. Oggi tutto questo appare un lontano ricordo di chi è costretto ad abbandonare la propria terra e la propria casa, a lasciare i propri cari combattere una battaglia contro l’invasore e a piangere le vittime innocenti di una guerra (come ogni conflitto armato) profondamente ingiusta e ingiustificabile.

Noi europei ci eravamo illusi di aver allontanato la guerra dal nostro immaginario collettivo e dal bagaglio esperienziale. Appare difficile, per ognuno di noi, lavorare e continuare la vita di prima con normalità e soprattutto serenità. Siamo con la mente e l’anima in Ucraina, giorno dopo giorno, ora dopo ora. E siamo anche impauriti dal fatto che questo conflitto possa allargarsi, tracciando scenari veramente prossimi all’Apocalisse.

Siamo anche consapevoli di grandi reti internazionali di solidarietà per dare supporto e minimo ristoro ad una popolazione toccata da questa immane tragedia: fortunatamente, in questo caso, non mancano persone e organizzazioni che si stanno prodigando per la grande emergenza umanitaria.

La nostra Costituzione, tra i principi fondamentali, enuncia che l’Italia ripudia la guerra. I nostri padri costituenti, memori della tragedia dei conflitti bellici, sapevano bene cosa stavano scrivendo. Ripudiare è qualcosa di più che rifiutare. La guerra, per la nostra Costituzione, è la più grande tragedia umana perché un conflitto bellico è illogico per natura, è disumano, privo di qualsiasi principio di razionalità, è distruzione, è un’esperienza che tira fuori solo ciò che c’è di brutto nell’animo umano, è menzogna, è sopraffazione verso le persone più vulnerabili.

L’alternativa al confronto con le armi è la pace, come spazio di dialogo, di scontro anche tra visioni e pensieri differenti, è armonizzazione delle differenze, è rispetto dell’inviolabilità fisica e spirituale dell’altro, è riconoscimento della fratellanza universale e non solo etnocentrica. Ma la pace va costruita giorno dopo giorno, va tessuta nelle nostre relazioni, nella nostra quotidianità, anche nel nostro linguaggio verbale.

La pace richiama alla costruzione di uno spirito politico animato da un progetto ambizioso: la democrazia come luogo di edificazione per una cittadinanza civile, rispettosa, capace di rifiutare lo scontro armato come soluzione di qualsiasi conflitto.

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