XII. Esequie: canto e musica

Qual è il senso del canto e della musica nel rito delle esequie? É opportuno cantare durante la celebrazione di un funerale? Sono queste alcune delle domande a cui tenteremo di rispondere.
 
Innanzitutto, il canto e la musica non costituiscono un elemento accessorio al rito cristiano, ma un linguaggio necessario e insostituibile. Il rito delle esequie, come ogni altro rituale cristiano, prevede delle parti in canto che, se omesse, lasciano un vuoto che nessuna parola potrà, con eguale efficacia, esprimere o sostituire.
Così infatti il rito delle esequie raccomanda: «Le esequie, in quanto è possibile, siano celebrate con il canto e se ne favorisca la partecipazione da parte del popolo» (RE 22.2).
 
Il canto e la musica non costituiscono perciò un semplice sottofondo o «addobbo» esterno al rito, ma un elemento intrinseco e particolarmente efficace per favorire la partecipazione dei presenti. Tutti certamente ricordano come nel passato, la cantoria o la banda musicale, accompagnava i funerali delle persone più in vista e a cui si desiderava attribuire un particolare rilievo. In questo caso, il linguaggio musicale rivestiva un ruolo, più che altro, cerimoniale e accessorio.
Nel rito attuale, invece, il canto e la musica sono una parte integrante del rito e hanno il compito di: dare voce alla preghiera; evocare il mistero pasquale celebrato; favorire la partecipazione dei presenti; accompagnare alcuni particolari momenti rituali.
 
Nel rito delle esequie viene particolarmente raccomandato il canto dei salmi (RE 12), sia nella liturgia della Parola che nei diversi momenti processionali previsti. I salmi infatti, danno voce alla preghiera della Chiesa, che invoca, supplica, confida, si lamenta.
Il rito delle esequie può prevedere anche un canto di ingresso, l’acclamazione al vangelo, un canto alla presentazione dei doni, i canti e le acclamazioni della Preghiera Eucaristica e durante i riti di comunione.
In questi casi, è importante ricordare il carattere pasquale dell’intera celebrazione. Non è infatti opportuno limitare la scelta solo a quei canti di carattere mesto e di lamentazione, che pur sottolineando lo stato d’animo dei presenti, tuttavia rischiano di offuscare la speranza cristiana.
 
Infine, nel rito delle esequie ha un rilievo particolare il canto di commiato: un canto che si presti, per il testo e la melodia, a essere eseguito da tutti, in modo che tutti lo sentano come un momento culminante del rito (RE, 10). Tra i diversi canti conosciuti del repertorio regionale Nella Casa del Padre e in altre raccolte, vi segnaliamo:
 
Entra servo buono e fedele (Repertorio Nazionale (=RN) 259; Armonia di Voci 4/1992)
Nella sera della vita (RN 274; CadP 601)
Tu vivrai nella luce di Dio (RN 282; Armonia di Voci 4/1996)
Ultimo a Dio (RN 282; Armonia di Voci 5/1986).
 
Infine, il canto ha un ruolo particolarmente significativo nella veglia del defunto e nelle processioni previste (quella dalla casa del defunto alla chiesa e quella dalla chiesa al cimitero). Lì dove è ancora possibile accompagnare il defunto, anche solo per un breve tratto, è raccomandabile animare la processione con salmi e brevi ritornelli.
In questi casi: «Il defunto sperimenta la sua uscita dall’Egitto e il suo ingresso nella terra promessa dove è accolto dagli angeli e dai santi. Il corteo funebre è una processione che canta mentre conduce il defunto dalla sua dimora terrena alla Gerusalemme celeste, facendo tappa in chiesa, a mezza strada cioè tra la terra e il cielo. Durante questo viaggio il cristiano non è solo: alla partenza, la comunità della terra lo accompagna il più lontano possibile, e all’arrivo gli è accolto dagli abitanti del cielo, ossia da coloro che quel tragitto hanno già compiuto prima di lui e, alla fine, dal padrone di casa in persona: il Dio della vita in cui e per cui, singolarmente, viviamo». (Ruillard, I riti dei funerali, in Anamnesis I, Marietti, 1989).
 
  
Morena BALDACCI
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