Celebrare la Veglia Pasquale

La celebrazione della Veglia Pasquale è preceduta da un giorno di «silenzio»: il Sabato Santo, in questo giorno tutto tace. È giorno di silenzio, ma non di riposo; è il silenzio faticoso del germe che marcisce sotto terra, che l’uomo non vede e a cui deve dare la sua fiducia. Ore piene di trepidazione e di preparazione per la notte in cui la Chiesa, vegliando con la lampada accesa (Lc 12,35 ss.), attende la resurrezione di Cristo e la celebra nei sacramenti (cfr Paschalis sollemnitatis, n 77)
Questa è la Veglia – madre di tutte le veglie, come dice sant’ Agostino, Sermo 219 – in cui i fedeli attendono il Signore, in modo che, quando verrà, li trovi vigilanti e li faccia sedere alla sua mensa. La luce che scaccia le tenebre, il fuoco, il cero, quel cero che ci accoglie all’inizio della nostra esistenza (Battesimo) e ci accompagna nel passaggio conclusivo della morte (esequie), hanno una forza simbolica tale, che, chi partecipa alla celebrazione, non può restare indifferente.
In luogo adatto, fuori la chiesa immersa nel buio, si prepara un fuoco. Dopo che il presidente ha benedetto il fuoco, un ministrante con la molla prende un po’ di brace e la inserisce nel turibolo, così da prepararlo per l’infusione dell’incenso.
A questo punto, un ministro porta il cero pasquale davanti al presidente. Questo segno domanda verità: sia di cera, nuovo, di notevole grandezza, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo (cfr Paschalis sollemnitatis, n 82).
La processione d’ingresso è aperta dal ministro con il turibolo fumigante, il ministro con il cero, i ministranti e il presidente e mentre si acclama a Cristo-luce, i fedeli accendono unicamente dal cero le loro candeline. Il percorso dal braciere all’ambone prevede tre soste, in cui il sacerdote canta a «Cristo, luce del mondo».
Il luogo dove sarà posto il cero, sia curato e infiorato (scegliere preferibilmente fiori bianchi e gialli) ad immagine del Giardino della resurrezione. Sottolineiamo che il luogo proprio del cero è presso l’ambone, luogo dal quale si canta l’annunzio pasquale. Si consiglia di intercalare il canto dell’Exultet con brevi acclamazioni da parte dell’assemblea così da permetterle di sottolineare con gioia l’esultanza a cui è chiamata.  Tutti i presenti stanno in piedi e tengono in mano la candela accesa
Le letture della sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia. Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che i fedeli devono poter serenamente meditare nel loro animo attraverso il canto del salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante
Creazione – Esodo – Alleanza: questi i temi che ci introducono a vivere il mistero della Pasqua e a cantare ad una sola voce il Gloria. È bene che l’illuminazione dell’aula sia stata contenuta fino a questo momento e solo al canto del Gloria si accendano i ceri presso l’altare, segno di Cristo, nostra Pasqua.
Se si prevede l’uso dell’Evangeliario, questi è portato in processione all’ambone ricordando che in questa notte non si usano le candele (non si deve sminuire la centralità del cero), ma solo l’incenso. La terza parte della veglia è costituita dalla liturgia battesimale: ciò che abbiamo ascoltato nella Parola, ora lo celebriamo nel sacramento.
Tutte le parrocchie sono tenute, anche nel caso non si celebrino battesimi durante la veglia, a usare la benedizione dell’acqua battesimale, o direttamente nel fonte o usando un catino, dignitoso e capiente, posto sul presbiterio. Culmine di tutta la Notte pasquale è l’eucaristia, memoriale della Pasqua del Signore: in questa notte è auspicabile la comunione sotto le due specie: «È desiderabile che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con la comunione della Veglia pasquale, ricevuta sotto le specie del pane e del vino» Paschalis sollemnitatis, 92
Se fosse possibile, sarebbe opportuno cantare almeno la dossologia della preghiera eucaristica, questo favorirebbe la partecipazione solenne dell’assemblea all’Amen finale. Il tono del congedo deve essere gioioso: inizia da questa notte una festa che durerà cinquanta giorni, come un’unica festa, di un solo interminabile Giorno!
Concludiamo ricorrendo ancora alla Lettera della Congregazione per il culto Paschalis sollemnitatis, che al n. 93 esorta affinché: «la liturgia della veglia pasquale sia compiuta in modo da poterne offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è importante che sia rispettata la verità dei segni, che sia favorita la partecipazione dei fedeli…» e al n. 96 «per una migliore celebrazione della veglia pasquale si richiede che gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che dei riti, per poter impartire una vera mistagogia».
 Silvia Vesco 
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