Il Rito delle Esequie: la nuova edizione

La rubrica liturgica di queste settimane estive si propone di sfogliare con calma la nuova edizione del Rito delle Esequie, per conoscerne le principali novità. A prima vista, guardando alla celebrazione delle Esequie, sembra che non ve ne siano: la struttura rituale pare la stessa. In effetti è bene ricordare che non si tratta di un nuovo Rituale, bensì di una nuova edizione del Rituale già in uso, con alcune aggiunte e alcune attenzioni particolari. Osserviamole in generale.
 
Anzitutto c’è stato un lavoro di traduzione dei testi, sia liturgici che biblici, in conformità alla nuova traduzione della CEI e alle ultime disposizioni in materia di traduzioni liturgiche dall’originale latino. Quindi abbiamo una serie di nuovi testi, che arricchiscono la precedente edizione, nell’attenzione alle diverse situazioni, alcune delle quali sempre più diffuse (è il caso della cremazione): significativo è l’aumento delle monizioni di commiato, che passano da tre a dodici. In terzo luogo, si può notare una maggiore attenzione alla dimensione del canto, con la proposta di una serie di melodie per i diversi momenti del rito, raccolte in appendice.
Più globalmente possiamo notare una più ampia e articolata proposta rituale, che arricchisce di nuovi capitoli (la visita alla famiglia, la preghiera alla chiusura della bara, la consegna della bara per la cremazione…) il precedente progetto celebrativo, che già si proponeva di accompagnare dal punto di vista esistenziale e rituale i diversi momenti del lutto, intorno a tre soglie e luoghi simbolici: la casa (che richiama la dimensione intima e familiare), la chiesa (che richiama la dimensione comunitaria), il cimitero (che richiama la dimensione sociale).
A chi si interroga sull’effettiva possibilità di riproporre, almeno in alcuni contesti, questa struttura (là dove si muore sempre meno in casa, e non è più scontato il riferimento alla chiesa e al cimitero), così rispondono i vescovi italiani: “La tendenza a privatizzare l’esperienza del morire e a occultare i segni della sepoltura e del lutto, particolarmente accentuata nel contesto urbano, non annulla il valore che la Chiesa assegna ai tempi e ai luoghi della celebrazione… è pertanto importante custodire e riproporre con nuovo slancio la forma tradizionale della celebrazione esequiale, distesa nelle sue diverse tappe” (Presentazione, n. 4). In questa riproposizione, si intende dunque valorizzare l’insostituibile risorsa dei “riti”, in ordine all’esigenza antropologica e spirituale di accompagnare la vita nei suoi “passaggi” essenziali.
In sintesi, se non si può parlare di un nuovo Rito, certo si tratta di un invito ad “adattare” il Rito alle diverse situazioni personali, familiari e sociali. Si tratta di un adattamento naturale, dal momento che ogni funerale è diverso. Si tratta di un adattamento necessario, in un tempo di veloci cambiamenti culturali. In ogni caso, è bene ricordare che ogni “adattamento” nella liturgia è al servizio di un fondamentale orientamento della vita (in questo caso dell’evento del morire) al Mistero della Pasqua. Scopo dell’adattamento non è semplicemente cambiare qualcosa, semplificare, per adeguare i riti della morte alle singole situazioni. Scopo ultimo dell’adattamento è orientare la morte alla vita, per celebrare la Vita eterna, nell’ora della morte.
Ufficio Liturgico diocesano
 
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