La Domenica, l’Eucaristia e la Parrocchia.

In questo nuovo anno pastorale, tutta la vita della Chiesa, e in particolare anche della chiesa che è in Torino, sarà caratterizzata da un’attenzione tutta particolare al mistero eucaristico domenicale.
Per introdurci al tema pastorale di questo anno, riportiamo alcuni stralci della prolusione di Mons. Adriano Caprioli (presidente della Commissione Episcopale per la Liturgia), proposta alla riflessione dei partecipanti al convegno unitario degli Uffici Liturgici, Catechistici e Caritas.
 
«Signore, stasera, sono solo.
A poco a poco, i rumori si sono spenti in chiesa,
le persone se ne sono andate,
ed io sono rientrato in casa.
Solo»
 
Questa preghiera è tratta dalla Preghiera del sacerdote la domenica sera, di M. Quoist, un libro di preghiere alla moda negli anni sessanta, nei miei primi anni di ordinazione presbiterale. Diventato poi parroco, al termine della giornata domenicale la mia preghiera era però un’altra. Chiudevo la faticosa giornata domenicale dicendomi, rientrando finalmente in casa: “Solo…meno male che finalmente sono solo e posso tirare il fiato”.
La domenica non solo per il parroco, ma anche per al vita della parrocchia era un giorno di superlavoro. Per certi aspetti lo è ancora oggi, ma abbiamo coscienza che qualcosa sta cambiando. Sta cambiando il rapporto parrocchia territorio. Una volta era il territorio ad appartenere alla parrocchia, perché tutta la vita si svolgeva come all’ombra del campanile: la nascita in casa, la scuola dei piccoli, il lavoro dei campi, la malattia e la stessa morte. anche la festa – non si parlava di tempo libero – apparteneva alla parrocchia.
Oggi non è più così.
 
Sono note le difficoltà sociali e culturali per una esperienza viva della domenica nelle nostre comunità parrocchiali: la questione della mobilità, il pendolarismo, il turnover lavorativo, l’attività sportiva, il divertimento giovanile. Sono fenomeni che portano spesso le persone a vivere fuori della parrocchia diversi momenti della loro esistenza quotidiana, festa compresa. Non è più il territorio che appartiene alla parrocchia, ma la parrocchia che appartiene al territorio, ed è chiamata perciò a leggerne i cambiamenti e a interpretarne i bisogni.
 
Si aggiunga sul piano soggettivo, la mentalità diffusa anche tra i praticanti di vivere la domenica come precetto o bisogno da esaudire senza coinvolgimento ecclesiale e missionario. Anche se ancora sommerso e più difficilmente riscontrabile, c’è il fenomeno della cosiddetta “appartenenza debole alla Chiesa”, per cui il cristiano oggi, spesso, tende a scegliere la propria parrocchia al di là del criterio territoriale, così come tende a scegliere le norme morali da osservare e gli stessi articoli del Credo. Da qui un certo allentamento del “vincolo parrocchiale”.
 
Se è vero quanto osservato, mi si pone una domanda: se si pone l’accento sulla parrocchia sembra che alla fine sia quest’ultima chiamata a “salvare” la domenica, a togliere la domenica, e in genere la festa, dalla crisi in cui versa, moltiplicando le iniziative pastorali in proposito. È vero, tutto questo è bello. C’è il rischio però che tutto questo venga vissuto da pochi, meno ancora rispetto a quelli che continuano a frequentare la Messa domenicale, con accenti ancora autoreferenziali e poco missionari. Sorge allora la domanda se la parrocchia che vive la domenica non sia anzitutto la comunità cristiana che si interroga: “Perchè la domenica?, Perché vivere la domenica in parrocchia? È anzitutto la parrocchia che vive la domenica, o è la domenica che fa vivere la parrocchia?
Le domande mostrano che c’è una circolarità tra l’affermazione della centralità dell’eucaristia domenicale e la rilevanza della stessa parrocchia; queste riflessioni riconducono piuttosto al nucleo originario e fondamentale indicatoci dagli “Orientamenti pastorali CEI: «Ci sembra molto fecondo recuperare la centralità della parrocchia e rileggere la sua funzione storica concreta a partire dall’Eucaristia, fonte e manifestazione del raduno dei figli di Dio e vero antidoto alla loro dispersione nel pellegrinaggio verso il Regno» (Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, 47).
 
(segue II° parte)
  
Riportiamo la seconda parte della relazione di Mons. Caprioli (presidente della Commissione episcopale per la Liturgia) fatta al convegno unitario dei direttori degli uffici Catechistici, Caritas e Liturgici svoltosi a Lecce il 14-17 giugno 2004.
 
«La mia introduzione al Convegno potrebbe finire qui con la domanda “È anzitutto la parrocchia che vive la domenica o è la domenica che fa vivere e ritrovare il vero volto della parrocchia?”. Una buona domanda è già un buon inizio. Se l’Eucaristia domenicale e la comunità parrocchiale vengono lette come due realtà che si rapportano secondo un principio di circolarità non puramente estrinseca ed occasionale, ma intrinseca e reciproca, allora diventano meglio percorribili alcune piste di ricerca.
 
CHIESA IN SOSTA DAVANTI AL MISTERO
La prima pista di ricerca è quella che guarda alla comunità parrocchiale come ad una Chiesa che sa “sostare davanti al Mistero”. È questa la prospettiva che Giovanni Paolo II, all’indomani del Giubileo del Duemila, ha indicato come il cammino delle Chiese all’inizio del nuovo Millennio (Novo millennio ineunte, nn. 35 36).
Si tratta anzitutto di interrogarsi sul “carattere irrinunciabile” dell’Eucaristia domenicale. Nonostante il calo della frequenza domenicale, spesso i fedeli sono, ancora oggi, una folla. La responsabilità dei pastori è anzitutto quella di non sciupare un’enorme possibilità ancora a portata di mano. Tenendo conto che là, dove in modo abituale si trascura il Giorno del Signore, e soprattutto la partecipazione all’Eucaristia, la fede stessa è in pericolo. Alcune esperienze già presenti in Europa sembrano confermarlo. Ricordando la storia degli Ebrei, qualcuno ha detto che, se è vero che essi hanno salvato il Sabato, è ancora più vero che il Sabato ha salvato gli Ebrei, custodendone la fede. Non bisogna, forse, dire la stessa cosa nei confronti della domenica per i cristiani?
 
Celebrare il Giorno del Signore diventa così il luogo normale, in cui educare la comunità parrocchiale a rivolgersi al suo Signore “nell’atto della fede”, che non può essere risolto “una tantum”, ma chiede di essere di nuovo suscitato come la manna nel cammino del popolo di Dio nel deserto. Si comprende perciò meglio il valore del celebrare il “Giorno del Signore” come il “sostare davanti al Mistero”: con linguaggio biblico si direbbe il tempo del “riposare dei discepoli”, accogliendo l’invito del Maestro: Venite e riposatevi un po` Mc 6,31).
 
La centralità dell’Eucaristia domenicale nella vita della parrocchia verrebbe così a semplificare la settimana della comunità cristiana già fin troppo oberata, riconducendo le tante iniziative catechetiche, caritative… a poche, anzi ad una sola iniziativa significativa, quale appunto quella eucaristica, imparando così a sostare alla radice dello stesso fare carità. Si profila qui quanto irrinunciabile e significativo diventi il compito della pastorale del “Giorno del Signore” per la vita della comunità parrocchiale.
 
CHIESA IN STATO DI MISSIONE
Una seconda pista di ricerca, è quella che guarda la comunità parrocchiale che celebra il “Giorno del Signore” come a una “Chiesa in stato di missione”. Dall’Eucaristia. celebrata bene e inserita in un contesto di ascolto della Parola e di contemplazione del Mistero, scaturisce una forza educativa alla missione. Quando questo avviene, ha luogo una straordinaria conversione personale e comunitaria: così l’Eucaristia rende missionaria la comunità.
 
L’assemblea eucaristica si rivela perciò nello stesso tempo come segno della presenza, ma anche dell’assenza della comunità. L’assenza della comunità risalta in particolare in coloro che, pur frequentando poco o niente la vita della comunità,, continuano tuttavia a chiedere per sé o per i figli i sacramenti (il matrimonio, il Battesimo … ). Scrivono i Vescovi: ‘7utti questi momenti, che alle volte potrebbero essere sciupati da atteggiamenti di fretta da parte di presbiteri o da freddezza e indifferenza da parte delle comunità parrocchiali, devono diventare momenti di ascolto e di accoglienza” (CVMC 57).
Non è un caso che tra gli orizzonti di cambiamento pastorale per una parrocchia missionaria la recente Nota pastorale sulla parrocchia, strettamente congiunta con la pastorale del primo annuncio, è messa in risalto la figura della “Chiesa madre che genera i suoi figli nella iniziazione cristiana”. Sono note le difficoltà in cui versa la Chiesa in tema di iniziazione cristiana: la debolezza educativa della famiglia, prima ancora l’evanescenza della vita della comunità parrocchiale.
E, tuttavia, una presenza il più possibile completa della comunità cristiana nel cammino di iniziazione cristiana non è impensabile: la comunità vera, reale, quotidiana; quella che celebra la domenica, ma non solo; quella che vive i ritmi dell’anno liturgico, che si anima e si accende per le sue feste e devozioni; quella che cerca di essere attenta ai poveri che abitano tra la sua gente, che ha parole di consolazione e di speranza. È dall’incontro e dal convergere sinergico di tutti questi aspetti visti nel luogo e nel momento della loro azione, che alla fine ai nostri ragazzi e giovani risulterà significativa l’immagine della comunità cristiana, diversamente vuota ed astratta.
Occorrerà pensare e progettare dei percorsi di iniziazione cristiana che facciano incontrare, osservare e vivere i luoghi, i tempi e i ritmi che caratterizzano la vita della comunità cristiana, in cui saranno chiamati a professare la fede. Sia pure con modalità diverse, l’obiettivo è quello di ridare alla domenica il suo significato profondo di “Giorno del Signore”, ma insieme “Giorno della comunità” e quindi anche di Iniziazione alla vita della comunità”: un giorno in cui tutta la comunità si rimette in stato di iniziazione e assolve così il suo compito di iniziare alla fede le nuove generazioni.
 
Conclusione
L’intento di questa introduzione, voleva mostrare come la scelta della centralità dell’Eucaristia domenicale costituisca il vero fondamento che dà il suo volto alla comunità parrocchiale e rende possibile la realizzazione di quella pastorale organica che va sotto il nome di “‘pastorale integrata” tra Parola, Liturgia e Carità..
È stato notato che le tre grandi dimensioni della vita della Chiesa   Parola, liturgia e carità   caratterizzano in modo speciale ciascuna delle tre grandi confessioni cristiane. Se la Parola è stata posta in particolare valore dai nostri fratelli protestanti, se la Carità   e in essa mettiamo tutta la dimensione operativa e pastorale della Chiesa   sembra aver caratterizzato soprattutto la nostra tradizione cattolica, la centralità della vita liturgica sembra aver identificare meglio la specificità delle vicine Chiese orientali.
 
L’opportunità perciò di un “ricentramento liturgico”, strettamente congiunto con una più forte centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa, appare quanto mai urgente, e anche in linea con le sollecitazioni che ci vengono dal prossimo Congresso eucaristico di Bari sul tema “Noi non possiamo vivere senza la domenica”.
 
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