VII. La domenica delle Palme

È un ingresso impegnativo quello che introduce nella settimana santa: la “Domenica delle Palme e della passione del Signore” chiede infatti di tenere uniti insieme i temi dell’ingresso regale di Cristo in Gerusalemme e l’annunzio evangelico della passione. Due tradizioni si sono fuse nel rito romano verso la fine del secolo X: quella della città di Gerusalemme, che riviveva l’ingresso di Gesù nella città santa con una processione che dal monte degli ulivi scendeva fino al santo Sepolcro; quella più austera della città di Roma, che anticipava la lettura della Passione. Tenere insieme il canto dell’Osanna ed il grido del Crucifige, il rito gioioso dell’ulivo benedetto e l’ascolto rispettoso della passione di Gesù, è la sfida di questa celebrazione, chiamata ad accogliere la presenza di un gran numero di persone per le quali la domenica delle palme rappresenta in pratica l’unica celebrazione pasquale.
 
Una buona celebrazione provvederà anzitutto a fare del dono dell’ulivo un segno di accoglienza e di vera benedizione, oltre ogni commercio: chi lo riceve, si senta benedetto. Quindi l’invito è a valorizzare la processione di ingresso, che recupera l’antico linguaggio della “stazione”, capace di raccogliere l’assemblea per farla muovere ed entrare nel Mistero. Il messale ci consegna tre forme di ingresso: quella più solenne della processione, “prima della messa con maggiore concorso di popolo, anche nelle ore vespertine, sia del sabato che della domenica” (Preparazione e celebrazione delle feste pasquali, 29), che valorizza il cammino con i rami di ulivo e i canti messianici (il messale romano propone i salmi 23 e 46); l’ingresso solenne, davanti alla porta della chiesa, o appena dentro: in questo caso, l’ascolto del vangelo dell’ingresso di Gesù può anticipare la benedizione dei rami d’ulivo e la processione; quanto alla terza forma (il cosiddetto ingresso semplice), è sconsigliabile: i fedeli si ritroverebbero in mano un rametto di ulivo, senza alcun riferimento all’ingresso messianico di Gesù a Gerusalemme.
Infine si dedichi molta cura al racconto della passione: pur senza i segni abituali della solennità (candelieri, incenso, saluto del popolo, segni di venerazione compiuti sul libro), è bene rivestire la proclamazione della passione di particolare solennità, attraverso una lettura integrale, intensa nel ritmo e nella partecipazione, senza per questo scadere nella drammatizzazione teatrale. L’omelia, alla quale è bene non rinunciare anche se dovrà essere molto breve, non farà altro che sottolineare, come una matita, il senso eucaristico di questa consegna estrema nell’ora del tradimento: Gesù non si ritira nell’amore, e ama fino alla fine. Per questo, nessuno è escluso dall’invito a ricevere, nelle celebrazioni della settimana santa, il dono della sua misericordia.
Ufficio liturgico diocesano
 
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