Commentare la seconda lettura?

Quando e come può essere commentata anche la seconda lettura della Messa domenicale? In questo anno particolare dedicato a san Paolo, come valorizzare la proclamazione e il commento delle lettere paoline nella liturgia della Parola? La riforma del Lezionario liturgico ha predisposto la lettura semicontinua della lettere di san Paolo e di Giacomo nelle domeniche del tempo ordinario, mentre nel tempo pasquale e in quello natalizio sono previste le lettere di san Pietro e di san Giovanni. Più in particolare, la lettura della prima lettera ai Corinzi, data la sua lunghezza e la complessità degli argomenti trattati, è stata distribuita in tutti e tre gli anni, all’inizio del tempo Ordinario. La suddivisione delle lettere in piccole pericopi ha lo scopo di non appesantire eccessivamente la lettura e permettere una più facile comprensione. Quanto al criterio della lettura semicontinua, esso fa sì che la seconda lettura non sia collegata direttamente al tema evangelico, che a sua volta ispira la scelta della prima lettura. Questa scelta di non far valere in modo assoluto il criterio dell’unità tematica (criterio invece presente nella seconda lettura dei tempi forti) può non essere compresa, all’interno di una visione catechetica della liturgia della Parola, per cui tutto ciò è letto deve essere spiegato. Il criterio al quale la lettura semicontinua rimanda è invece quello della larghezza con cui i tesori della parola di Dio sono aperti ai fedeli.

Quanto all’omelia, essa deve evitare i due estremi: commentare sempre tutto; tralasciare sempre e sistematicamente la seconda lettura. Nondimeno il riferimento alla seconda lettura può essere arricchente, là dove permette di sottolineare alcuni elementi tipici della letteratura epistolare, quali la contemplazione del Mistero di Cristo, l’attenzione alla vita della comunità e lo stile della parenesi, cioè dell’esortazione morale. Spesso le pericopi delle lettere paoline hanno un forte spessore cristologico: l’annuncio di Cristo crocifisso, potenza e sapienza di Dio è il nucleo centrale della predicazione di Paolo, che aiuta a interpretare i gesti e le parole del Gesù storico, narrato dai vangeli, alla luce del mistero pasquale di Cristo Gesù, morto e risorto. Tutta la storia di Gesù si compie infatti in quel mistero pasquale che ci è dato di contemplare nella liturgia. Con le sue espressioni forti, san Paolo ci ricorda che il Vangelo non si riduce alla predicazione di una dottrina: il Vangelo è potenza di Dio, rivelata in Gesù Cristo.

Una seconda caratteristica delle lettere apostoliche è quella di calare, con un forte coinvolgimento personale, il Vangelo di Gesù nelle diverse situazioni di vita. Con franchezza e audacia, affronta le difficili lacerazioni e gli scandali presenti sin dall’inizio nella chiesa nascente, esortando e rinfrancando, correggendo e ammonendo. La seconda lettura ci ricorda in tal modo che la buona notizia del Vangelo non si esaurisce con la storia di Gesù, ma continua a dispiegarsi nel corpo di Cristo che è la Chiesa: la Chiesa degli inizi, e la Chiesa di oggi, chiamata a manifestarne la presenza.Un’ultima sottolineatura, riguardo il tono dell’esortazione morale: anche quando corregge e ammonisce severamente, la parola di Paolo è sempre un invito alla speranza. Nelle difficoltà della missione e nella debolezza della comunità, la sua parola non cede mai alla rassegnazione, alla lamentela, né tanto meno all’invettiva gratuita: al contrario essa è sempre orientata ad accendere la speranza, sul fondamento della fede. Teniamone conto nelle nostre omelie.

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