Guida all’uso delle monizioni

Alcuni ci domandano: «È davvero il caso introdurre le letture con una monizione? Spesso distraggono più che favorire l’ascolto…». Subito dopo l’attuazione della riforma voluta dal Concilio Vaticano II, era necessario aiutare le assemblee liturgiche a partecipare alla celebrazione eucaristica. Bisognava insegnare nuove acclamazioni, prevedere dei lettori per la proclamazione della Parola di Dio, formare ai nuovi gesti e atteggiamenti previsti dal rito, ecc. Tra i diversi ministeri liturgici previsti per favorire la partecipazione dei fedeli, il Messale menziona il commentatore.

Così infatti troviamo indicato dell’Ordinamento generale del Messale Romano: «Esercita un servizio liturgico anche il commentatore, che, secondo l’opportunità, rivolge brevemente ai fedeli spiegazioni ed esortazioni per introdurli nella celebrazione e meglio disporli a comprenderla» (OGMR n° 105; Introduzione al Lezionario, n° 15). Dalla lettura di questo numero possiamo dedurre che il commentatore non è un lettore e neppure un cantore, ma una persona che svolge questo specifico ruolo, distinto da altri compiti, in alcuni casi potrebbe essere anche lo stesso celebrante (cfr. OGMR 31). Questo, per evitare che sia una unica voce a leggere la monizione e a proclamare la lettura. Lì dove, purtroppo, accade questo, l’assemblea non è aiutata a comprendere la diversità che intercorre tra una semplice monizione o introduzione alle letture e la parola di Dio.

Per distinguere chiaramente i diversi ruoli, l’OGMR sottolinea anche la necessità di diversificare i luoghi di lettura: «Nel compiere il suo ufficio, il commentatore sta in un luogo adatto davanti ai fedeli, non però all’ambone» (Cfr. OGMR 105). L’ambone, infatti, è lo spazio liturgico riservato alla parola di Dio: «Poiché l’ambone è il luogo dal quale viene proclamata dai ministri la parola di Dio, deve essere riservato, per sua natura, alle letture, al salmo responsoriale e al preconio pasquale. Si possono tuttavia proferire dall’ambone l’omelia e la preghiera dei fedeli, data la strettissima relazione di queste parti con tutta la liturgia della parola. E’ invece meno opportuno che salgano all’ambone altre persone, per esempio il commentatore, il cantore o l’animatore del canto» (IL, n° 33). Inoltre, le monizioni o introduzioni alle letture, dovrebbero essere sempre accompagnate da un breve momento di silenzio, soprattutto se lette prima della liturgia della Parola o di ogni lettura. In ogni caso, suggeriamo sempre di utilizzare un tono di voce chiaro e discreto.

Le monizioni o introduzioni alle letture devono essere preparate con cura: spesso diventano particolarmente noiose se risultano eccessivamente lunghe o complesse.L’introduzione al Lezionario specifica che esse dovrebbero essere: «chiare, sobrie, preparate con cura, normalmente scritte e approvate in precedenza dal celebrante» (IL, n° 57). È buona norma, infatti, scrivere i testi, adattando quelli tratti da eventuali sussidi o riviste, e verificarne la durata e la semplicità. Inoltre, la prassi suggerisce che si ascoltano più facilmente i testi letti con una certa spontaneità, evitando di avere sempre gli occhi «incollati» sul foglio, instaurando così un naturale rapporto con l’assemblea che si ha di fronte. Giungiamo, infine, a rispondere alla domanda iniziale. Non sempre è opportuno proporre all’assemblea monizioni e/o introduzioni alla letture. La prassi insegna che, lì dove è diventata un’abitudine, spesso finisce per non costituire più valido stimolo alla comprensione dei testi proclamati. Sembra essere più opportuno un uso saltuario: in alcune particolari circostanze (battesimi, prime comunioni, inizio anno pastorale ecc) o in determinati tempi liturgici. Ci sembra molto più efficace favorire l’ascolto dell’assemblea attraverso la formazione dei lettori, la cura dei giusti tempi di silenzio, la valorizzazione del salmo responsoriale, la qualità dell’impianto di amplificazione.

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