Quale utilizzo dell’ambone?

Alcuni ci domandano: si possono guidare i canti dall’ambone? Queste e altre domande simili, ci vengono rivolte durante i corsi di formazione dei lettori, o i diversi incontri di liturgia. L’ambone, dopo più di quarant’anni dalla Riforma liturgica, resta ancora un luogo «ibrido» e il più delle volte, solo funzionale. Sono ancora tante le chiese in cui la Parola di Dio viene proclamata da un semplice leggio che, più che costituire un luogo, si limita a rispondere a delle esigenze di caratterepratico:ilsostegnodelLezionario,lapresenzadel microfono,lavisibilitàdellettore. In questo anno pastorale, dedicato alla riscoperta della Parola di Dio nella vita della Chiesa, può essere utile riflettere anche sul luogo della Parola: l’ambone.
Innanzitutto, il nome: nella lingua greca, il termine richiama l’idea del «salire in alto»: una delle caratteristiche principali dell’ambone, infatti, è quella di essere un luogo «elevato», sia per la sua funzione (per essere visti e ascoltati), sia per il suo significato simbolico (luogo dell’annuncio della risurrezione). Da questi elementi deduciamo con chiarezza che l’ambone è prima di tutto il luogo della proclamazione della Parola di Dio.
Così infatti i libri liturgici esplicitano: «Nell’ambiente della chiesa deve esserci un luogo elevato, stabile, ben curato e opportunamente decoroso, che risponda insieme alla dignità della parola di Dio, suggerisca chiaramente ai fedeli che nella Messa vien preparata la mensa sia della parola di Dio che del Corpo di Cristo» (Introduzione al Lezionario, n° 32).
Non si può comprendere il senso e il valore dell’ambone, se non riscopriamo la forza e la bellezza della Parola di Dio nella celebrazione liturgica. Le due cose, infatti, sono strettamente legate tra loro: «Quando nella Chiesa si legge la sacra Scrittura, Dio stesso parla al suo popolo e Cristo, presente nella sua parola, annunzia il Vangelo» (Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 29).
Inoltre, l’ambone rappresenta uno degli spazi liturgici che continuano a «parlare» anche al termine della celebrazione: esso è infatti costituisce «una presenza eloquente, capace di far riecheggiare la Parola anche quando non c’è nessuno che la sta proclamando» (Cei, Progettazione di nuove chiese, n° 9). Dalla lettura di questi numeri fondamentali, possiamo dedurre la giusta risposta da dare ai nostri lettori: il canto, le monizioni (vedi rubrica precedente), gli avvisi, non possono essere letti dall’ambone, poiché nella Liturgia esso va riservato esclusivamente alle letture bibliche ed eventualmente agli altri elementi propri della liturgia della Parola: omelia, la preghiera dei fedeli, il preconio pasquale (cfr. Ogmr 309).
L’animatore del canto, il commentatore ed eventualmente lo stesso presbitero, nel caso in cui deve comunicare alcuni avvisi, è bene che utilizzi un altro luogo. La guida del canto, abitualmente dovrebbe collocarsi in luogo visibile, senza però essere eccessivamente invadente, mai davanti all’altare, all’ambone o al tabernacolo. Questo servizio, infatti, non dovrebbe mai «oscurare» lo svolgimento della celebrazione, ma favorirlo, con discrezione e professionalità.
 
 
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