Il lettore custode della Parola

Quale deve essere lo stile di un lettore che si muove dal proprio posto per andare a leggere? Apparentemente, niente di più semplice e naturale! Andare a leggere; leggere; tornare al proprio posto. Questi sono essenzialmente i movimenti del lettore che comprendono anche pochi e semplici gesti (guardare, toccare il libro e il microfono, girare le pagine…), compiuti in modo dignitoso e adatto alla circostanza.

Se questo è vero per molti, non lo è per tutti. A volte, alcuni gesti si avvertono inadeguati, banali, oppure forzati e rigidi. Entrambi gli atteggiamenti, quello rigido- cerimoniale e quello disinibito, sono il più delle volte dovuti da una concezione errata o ignorata del significato del ministero liturgico. Infatti, se nel compiere un ministero ci si sente protagonisti, il risultato sarà un movimento enfatizzato, irrigidito, sproporzionato al tipo si servizio che si è chiamati ad esercitare. Per altro verso, se non c’è nessuna consapevolezza del ruolo ministeriale o del significato della proclamazione liturgica, il gesto si fa banale, volgare, insignificante.

Solo una profonda consapevolezza dell’importanza della parola di Dio nella liturgia e una autentica vocazione al ministero del lettore (vedi articolo nel numero precedente) saprà dare una forma adeguata ai gesti del lettore rendendoli semplicemente, spontaneamente, genuinamente, garbatamente adeguati.

Proviamo ora a scoprire più in dettaglio il significato di questi semplici gesti: il primo movimento del lettore è nell’andare e tornare. Questo gesto presuppone il percorrere lo spazio liturgico. In questo spazio abita il popolo di Dio: popolo amato, chiamato per celebrare il memoriale del Signore. In questo spazio Dio si fa presente: nell’assemblea radunata, nel ministro ordinato, nella Parola proclamata, nelle specie eucaristiche (Ordinamento Generale del Messale Romano, n° 27). La liturgia è lo spazio abitato dove l’umano e il divino vengono a contatto affinché il divino salvi ciò che è umano e l’umano assuma dimensione divina.

L’andare e tornare del lettore si compie all’interno di questo spazio: è uno spazio prezioso, donato, offerto anche al lettore, il quale – ogni volta – apprezza, gioisce, ne è grato. Lo stupore, la gioia, la gratitudine accompagnano i suoi passi nell’andare e nel tornare: «Come sono belli i piedi del messaggero di lieti annunzi» (Is 52,7)!

Altro luogo da conoscere per stare adeguatamente è l’ambone, «un luogo adatto… disposto in modo tale che i ministri ordinati e lettori possano essere comodamente visti e ascoltati» (OGMR 309). L’ambone deve radicare nella mente di ciascuno la consapevolezza che nella Messa viene preparata sia la tavola della Parola di Dio, sia la tavola del banchetto eucaristico; col linguaggio dei segni, esso esprime la particolare importanza e la dignità della sacra Scrittura.

Anche il lettore è, uno di questi segni. Segno vivo, capace di custodire tale luogo, come riservato esclusivamente alla proclamazione della Parola. Il lettore conosce l’ambone. I suoi gesti sono pieni dell’affetto e dell’amore verso l’Ospite che viene a visitare e dimorare in questo luogo. Questa consapevolezza trasparirà nel gesto di sistemare il microfono, di girare la pagina, di guardare l’assemblea quando annuncia il titolo o nell’acclamazione finale. Si manifesta nella cura, nel garbo, nel modo di stare composto all’ambone; nel modo di tenere le mani e le braccia, appoggiate o distese lungo il corpo: mani che accolgono e che sono accolte, a cui viene offerto un dono e che porgono un dono.

Infine, raggiungere e abitare il luogo della Parola richiede con forza la «bellezza della povertà e l’essenzialità dei segni». Il lettore che si reca all’ambone compie un’azione semplice ma essenziale e il suo sguardo indica una meta: «il corpo sta bene, se gli occhi hanno una direzione e un motivo per andare» (G. Bevilacqua).

Daniela Falconi

 
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