Fiori e silenzio

Non sembri fuori posto, in un anno dedicato alla Parola, una riflessione sul silenzio.


Silenzio, perché?

È la Chiesa che ce lo chiede, quale elemento indispensabile alla liturgia: «Un silenzio sacro, che fa parte della celebrazione, deve essere osservato a tempo opportuno» (Pnmr al n°23). Il silenzio fa parte della celebrazione dunque, come le pause fanno parte della melodia, perché necessarie al suo giusto ritmo.

Ma soprattutto ce lo chiede la Scrittura, come atteggiamento fondamentale, ricordandoci che non ci può essere ascolto vero senza un silenzio umile e attento, tutto orientato ad accogliere l’invito al dialogo che la Parola rivolge a tutti e a ciascuno. Shemà Israel!

 

È che a noi il silenzio fa problema. Ne siamo così spaventati che dobbiamo continuamente lottare contro la tentazione di «tappare tutti i buchi» facendo qualcosa: una monizione, un canto in più, uno spostamento non necessario…

Eppure lo spazio del silenzio è quello che ci dà il tempo di assimilare ciò che abbiamo ascoltato e anche di reagire emotivamente. A questo serve, ad esempio, quel prezioso istante di pausa silenziosa che il celebrante prende dopo aver proclamato il Vangelo e prima di invitare l’assemblea ad acclamare.


Silenzio, dove?

Come la liturgia, anche il luogo della celebrazione deve avere una cura gelosa dei propri spazi di silenzio, che si traduca in libertà dalle decorazioni eccessive, dai molteplici cartelloni o poster, dai fiori e piante distribuiti ovunque: non è moltiplicandone il numero, infatti, che si rende un miglior servizio alla liturgia. Anche le composizioni poi, dovranno imparare a rimanere nei limiti del proprio specifico, fuggendo la tentazione di sostituirsi all’omelia o peggio che mai, diventando un’allegoria della Parola stessa.

 

Il compito dell’arte floreale è di creare uno spazio di bellezza in cui la Parola possa risuonare, nell’armonia e nel silenzio. Persino all’interno della composizione dovranno trovare posto spazi di silenzio, mettendo a frutto quell’arte sapiente che, evitando l’eccesso e anche il superfluo degli elementi utilizzati, permette ad ogni fiore di risaltare e alla luce di giocare con le forme.


La proposta

Il disegno propone una composizione verticale per l’ambone. Tre eremurus, tre girasoli e un rametto di faggio (ma anche di more) su un vaso alto, sono sufficienti a portare l’attenzione sul luogo della Parola, onorandolo. I girasoli, per la loro caratteristica di seguire il sole con la corolla, rappresentano bene l’atteggiamento attento di coloro che sono aperti alla Parola di Dio, e a questa orientano la propria vita.

La stessa composizione può essere altrettanto bene realizzata su una ciotola bassa o su un vaso panciuto, a seconda delle esigenze.

 

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