Quando il silenzio è necessario

Con una certa frequenza, alcuni lettori ci domandano: sono previste delle pause di silenzio durante la Liturgia della Parola? Spesso la liturgia della Parola è soffocata da un eccesso di parole: lunghe monizioni prima delle letture, avvisi talvolta eccessivi (seduti! Ascoltiamo ora la parola del Signore), ecc. Oppure si caratterizza per una certa frettolosità: spesso il lettore corre all’ambone quando si stanno ancora svolgendo i riti di introduzione oppure capita di frequente di ascoltare la successione delle letture senza nessuna pausa e/o nessun avvicendamento di lettori.

Senza dimenticare che il lettore stesso molte volte proclama la lettura senza distinguere il titolo (dalla lettera di…) dal testo; oppure non fa nessuna pausa tra la fine della lettura e l’acclamazione finale (Parola di Dio). Tutto questo, certamente, non facilita l’ascolto, soprattutto in un tempo, come il nostro, in cui le parole sono inflazionate.

Nella liturgia il silenzio costituisce un linguaggio necessario: non solo se ne raccomanda l’osservanza, ma vengono previsti tempi e modalità specifiche, purtroppo, troppo spesso disattese. In particolare, tutta la liturgia della Parola dovrebbe essere attraversata dal silenzio: oltre ad osservare le giuste pause previste,il silenzio costituisce l’atmosfera in cui la Parola risuona.

Così infatti raccomandano i praenotanda del Lezionario: «La liturgia della Parola si deve celebrare in modo che essa favorisca la meditazione; si deve perciò evitare assolutamente ogni fretta che sia di ostacolo al raccoglimento» (n° 28). Il silenzio dovrebbe precedere la proclamazione delle letture, accompagnare la lettura stessa e infine, portare a fecondare il silenzio in un ascolto fruttuoso e una risposta gioiosa.

In altre parole, il silenzio e la parola sono profondamente legati tra loro: il silenzio conduce all’ascolto, l’ascolto vive del silenzio. L’introduzione al Lezionario, inoltre disciplina il silenzio: ne prevede cioè i modi e i tempi. Il silenzio dovrebbe precedere la proclamazione della lettura: il lettore, quindi, non deve salire all’ambone se non quando i riti di introduzione sono stati conclusi (al termine cioè della orazione colletta). In questo modo, l’assemblea avrà tutto il tempo per sedersi e predisporsi all’ascolto.

Sono previste brevi pause di silenzio tra le letture: dopo la prima lettura e il salmo responsoriale; tra il salmo e la seconda lettura, tra la seconda lettura e l’acclamazione al Vangelo. In quest’ultimo caso, il diacono o il presbitero, dovrà attendere qualche istante prima di alzarsi per proclamare il Vangelo. Infine, la liturgia della Parola prevede una pausa di meditazione dopo l’omelia, per favorire l’interiorizzazione delle letture e preparare la liturgia Eucaristica (cfr. Introduzione al Lezionario, n° 28). Spesso le nostre assemblee vivono con un certo imbarazzo i tempi di silenzio, è necessario perciò una formazione graduale, evitando dei cambiamenti bruschi o solo occasionali. Solo così si potrà avere qualche beneficio e favorire l’ascolto. Così ribadisce il recente Instrumentum laboris per il sinodo sulla «Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa».«Ascolta, Israele, Shemà Israel, è il comandamento primario del popolo di Dio (Dt 6, 4). Dio invita il fedele ad ascoltare con l’orecchio del cuore. Il cuore nella Bibbia non è soltanto la sede dei sentimenti o dell’emozione, ma il centro più profondo della persona ove si prendono le decisioni.

Per questo è necessario il silenzio che si prolunga al di là delle parole. Lo Spirito Santo fa intendere e comprendere la Parola di Dio, unendosi silenziosamente al nostro spirito (cf. Rm 8, 26-27). […] Come la Vergine Maria, tempio dello Spirito, in una vita silenziosa, umile e nascosta, la Chiesa tutta va educata a testimoniare questo rapporto stretto tra Parola e Silenzio, Parola e Spirito di Dio».

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