Le ceneri e l’acqua della salvezza

Con il rito dell’imposizione delle ceneri inizia il cammino che condurrà le nostre comunità ad una nuova Pasqua. La Quaresima inizia con il gesto sobrio e “opaco” delle ceneri, per terminare nella santa notte di Pasqua, con il rito gioioso e “limpido” dell’acqua.

La cenere parla di morte, di fuoco, di dissoluzione; l’acqua ricorda la vita, la trasparenza, la pulizia, la rigenerazione. La cenere cosparge il capo della Chiesa pellegrina verso il monte di Sion; l’acqua della vita che sarà aspersa sul popolo nella veglia di Pasqua è pegno di risurrezione e segno di vita nuova.
La cenere è immagine di ciò che è fragile, privo di valore, e nella tradizione biblica diventa simbolo della condizione umana: l’uomo e la donna sono plasmati con la polvere del suolo (Gn 2,7) e dopo la loro morte ad essa ritorneranno (Gn 3,19). La cenere cosparsa sul capo è anche simbolo di lutto, dolore e pentimento: così per Davide e per gli abitanti di Ninive; Giobbe siede sulla cenere, in segno del proprio dolore (Gb 2,8); nel libro di Ezechiele, in segno di penitenza, ci si rotola nella cenere; il salmo 102,10, come espressione di dolore, parla di cibarsi di cenere come di pane.

Per questo motivo, nel cristianesimo antico, l’uso delle ceneri è stato legato alla disciplina penitenziale. Nei primi secoli, infatti, i penitenti, si presentavano al vescovo nel primo giorno di quaresima e questi, con un rito solenne, imponeva loro la cenere sul capo e li vestiva con l’abito dei penitenti (cilicium). Verso il secolo X, con il tramonto della penitenza pubblica, tutta la comunità cristiana venne a sostituirsi spontaneamente ai peccatori pubblici, ricevendo l’imposizione delle ceneri e vivendo il tempo quaresimale come tempo di conversione.
La liturgia cattolica ha conservato questo uso e nella celebrazione eucaristia di inizio quaresima propone il rito di benedizione e imposizione delle ceneri. Le ceneri dell’olivo, ricavate dalla combustione dei rami di ulivo benedetti nella domenica delle Palme, hanno anche un significato pasquale: richiamando l’immagine del fuoco (il fuoco della Passione, il fuoco nuovo della veglia Pasquale), sono simbolo di purificazione. Il legno di olivo, poi, brucia lentamente, dà calore producendo una cenere candida che veniva usata dalle donne per fare il bucato. Inoltre, l’imposizione delle ceneri è fatta sul capo: luogo della dignità dell’uomo e della donna, definitivamente rinnovata nella Pasqua di Cristo. Il messaggio della cenere è dunque chiaro: dalla polvere del pentimento rinasce la vita nuova; dalla penitenza, la gioia del perdono.

Quanto alla celebrazione delle ceneri, non è detto che debba per forza avvenire nell’ambito dell’Eucaristia: l’importante è che avvenga all’interno della celebrazione liturgica, per inserire questo gesto all’interno di un serio cammino penitenziale, compiuto nella Chiesa.
A questo proposito, perché non rivisitare in qualche modo l’antica disciplina penitenziale, per cui la confessione delle colpe precedeva il tempo della penitenza e della conversione, sigillato dalla riconciliazione finale? Si potrebbe recuperare il valore di una liturgia penitenziale compiuta non al termine della quaresima, ma all’inizio, con un coinvolgimento concreto ed effettivo delle famiglie, dei gruppi, della comunità intera nella confessione delle colpe (cioè nell’esame di quei punti sui quali urge la conversione) e nel proposito di cambiamento, dove ciascuno si impegna pubblicamente ad aiutare l’altro nel cammino. Così facendo la celebrazione della riconciliazione al termine della quaresima verrebbe a concludere un cammino penitenziale reale ed impegnativo.

Quanto al ministro dell’imposizione delle ceneri, mentre la rubrica del Messale parla del solo sacerdote (p. 66), il Cerimoniale dei vescovi prevede che anche il diacono possa imporre le ceneri.

Circa l’opportunità di coinvolgere altre figure, come i ministri straordinari della comunione, si tenga presente il valore simbolico di un gesto ricevuto da colui che guida la comunità e a nome di Cristo chiama alla conversione. E se l’assemblea è troppo numerosa? Non è la quaresima il “tempo favorevole” nel quale smettere di andare di fretta, anche davanti a Dio?

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