Silenzio e preghiera insieme al digiuno

«Sia parca e frugale la mensa, sia sobria la lingua ed il cuore; fratelli, è tempo di ascoltare la voce dello Spirito». Così canta l’inno dell’Ufficio delle Letture nel tempo di Quaresima, attribuito a Gregorio Magno.

Nel suo messaggio per la Quaresima, Benedetto XVI invita i credenti del XX secolo a riscoprire il valore e la pratica del digiuno quale «terapia per curare tutto ciò che impedisce ai cristiani di conformarsi alla volontà di Dio» (Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la Quaresima 2009).
Digiuno inteso come sottomissione a Dio, confidenza nella sua provvidenza, mortificazione del nostro egoismo, desiderio di ascolto della Parola di Dio, condivisione con i fratelli più poveri. Digiuno come sobrietà del corpo e dello spirito, quale preludio e pregustazione della sobria ebrezza dello Spirito (inno alle Lodi mattutine) promessa dal Risorto.

L’invito a riscoprire il digiuno quaresimale si estende anche alla liturgia cristiana. Anzitutto si tratta di ritrovare il valore di un digiuno eucaristico più severo, e dunque più vero. Se l’attuale ordinamento canonico prevede l’astensione da qualunque cibo o bevanda per lo spazio di almeno un’ora prima della comunione, nulla vieta di recuperare – per chi non ha problemi di salute e partecipa alle messe del mattino – l’antico uso di giungere all’Eucaristia completamente digiuni, perché nella stessa fame del corpo si manifesti la fame della parola di Dio, e per partecipare più pienamente al mistero della morte e della risurrezione del Signore.
L’astensione dalle carni (o da altri cibi e bevande che ad un prudente giudizio siano da considerarsi come particolarmente ricercati e costosi) nel tempo di Quaresima (in particolare il venerdì), insieme alla prospettiva penitenziale più ampia, che accosta al digiuno alimentare la preghiera, i gesti di carità, il compimento più fedele dei propri doveri e le forme di digiuno moderne come quello televisivo: tutto questo non esclude, anzi ha bisogno della preghiera del corpo che fa spazio al dono eucaristico.

Al digiuno del cibo, da sempre in Quaresima corrisponde un certo digiuno degli occhi (immagini, suppellettili, fiori, ecc.), degli orecchi (musica, omissione del Gloria e dell’Alleluia, ecc.), dei profumi (incenso), per fare spazio al silenzio e alla penitenza. Le norme liturgiche, infatti, domandano un uso moderato della musica strumentale, permessa unicamente per sostenere i canti, e un uso limitato dei fiori.
L’invito, dunque, in questo tempo quaresimale è quello di concedere maggiore spazio a tutti quei linguaggi, spesso disattesi e trascurati del rito cristiano, che esprimono in modo più efficace ed intenso il gemito dell’umanità. La sobrietà dell’uso della parola, soprattutto, nelle monizioni e negli avvisi di carattere organizzativo. L’essenzialità dei linguaggi visivi, con un uso più moderato dei fiori, delle candele, delle immagini, dei segni celebrativi. Un uso più discreto del linguaggio musicale, con una maggior attenzione alla cura della salmodia, all’uso degli strumenti musicali, ad una vocalità più moderata. Una cura maggiore della Liturgia della Parola, con i ritmi calmi e intensi che invitano all’ascolto.
Un’attenzione particolare all’osservanza del silenzio prima dell’inizio della celebrazione, evitando le prove di canto eccessivamente lunghe, il chiacchiericcio dell’assemblea che spesso distrae e infastidisce e la frenesia dei preparativi dell’ultimo minuto.

Questo invito alla essenzialità non va inteso come impoverimento o trascuratezza, ma quale orientamento verso la ricerca di quella semplicità che non toglie nulla alla dignità e nobiltà della liturgia cristiana. Tutto ciò saprà creare quel giusto clima di raccoglimento che predispone all’ascolto, alla condivisione, all’incontro sincero e così accogliere l’invito di Dio: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,1).

condividi su