Verso la Quaresima – Anno 2011

Il tempo della Quaresima scorre tra due corsi d’acqua: il mar Rosso e il Giordano. I padri della Chiesa amavano riferirsi ora all’uno ora all’altro, per descrivere il grande passaggio battesimale, orientando decisamente il cammino quaresimale verso il Giordano: per i catecumeni che già avevano passato il mar Rosso, cioè si erano convertiti ma ancora non avevano ricevuto il Battesimo, il fiume da attraversare era quello battesimale del Giordano, per entrare nella terra promessa del regno di Cristo, vissuto nella fede della comunità cristiana. Per chi era già battezzato ma si riconosceva nella condizione di un cammino penitenziale permanente, e in modo particolare per coloro che si trovavano nel tempo della penitenza pubblica a causa di un peccato grave, la Quaresima era il tempo del ritorno a casa. Per questo iniziava con il racconto di Adamo scacciato dal giardino dell’Eden, dal quale scorrevano i quattro fiumi destinati ad irrigare la terra (1 lettura della 1 Domenica di Quaresima, anno A). In questa prospettiva il passaggio del mar Rosso era figura del battesimo ricevuto, che ha segnato la fine della schiavitù del peccato e l’ingresso nella libertà dei figli di Dio; il passaggio del Giordano è figura insieme della Pasqua escatologica, alla fine dei tempi e alla fine della vita, e della Pasqua annuale, che anticipa la gioia della Risurrezione.
In mezzo, per tutti – catecumeni, battezzati e penitenti -, la Quaresima è tempo di cammino: nel deserto delle tentazioni, dove il bisogno materiale è chiamato a trasformarsi in desiderio spirituale; sul monte della Trasfigurazione, dove il desiderio anticipa la meta; al pozzo dell’acqua viva, insieme alla Samaritana; alla piscina di Siloe, dove gli occhi si bagnano alla Parola che fa vedere; alla tomba di Lazzaro, dove la morte non è l’ultima parola; alla camera alta di Gerusalemme, dove il Maestro lava i piedi ai discepoli. Tra le due traversate, anche le nostre comunità sono chiamate a dare una direzione al deserto, per non vagare smarriti; a ritrovare il sapore essenziale dell’acqua, che accompagna il digiuno di conversione e condivisione; ad abbeverarci della Parola, che si compie a Gerusalemme, nella Pasqua.
Come recuperare, dunque, il carattere catecumenale e penitenziale che costituisce l’ispirazione originaria del tempo quaresimale? Anzitutto riscoprendo la grazia del battesimo ricevuto. Ad ogni Pasqua, risuona l’invito di Agostino: “Cristiano, diventa quello che sei!”. La Quaresima è il tempo per riaccogliere il Dono già ricevuto, per giungere a rinnovare le promesse battesimali, per essere aspersi di quell’acqua che ci ha fatti rinascere ad una vita nuova. Le comunità che celebreranno l’Iniziazione cristiana di un adulto, o di fanciulli che hanno percorso i cammini sperimentali di tipo catecumenale, potranno gustare la grazia di poter contemplare il Dono nella sua pienezza. Per tutti, sarà tanto più Pasqua, quanto più il corpo e l’anima avranno camminato insieme: nell’ascesi della preghiera, della penitenza e della carità; nell’ascolto della parola che invita a conversione; nel rito penitenziale, che potrà assumere finalmente la forma di un cammino più comunitario e più disteso (seguirà, nei prossimi numeri e sul sito diocesano, una proposta in tal senso da parte dell’Ufficio Liturgico).
La Quaresima è normalmente un tempo ricco di proposte: bisognerà fare attenzione a non esagerare, per non impantanarsi in mezzo al guado delle cose da fare, e soprattutto a metterle in relazione al tempo pasquale, perché non accada che quando comincia la festa, tutto si fermi. Ascesi, rito, festa: sono le coordinate del cammino comunitario, alla scuola dell’anno liturgico, sotto la guida della Parola. Per rinnovare la freschezza di un passaggio alla vita nuova, che è al contempo dietro le nostre spalle e davanti a noi; per spogliarci dell’uomo vecchio e rivestirci di Cristo; per ritrovare quella Sorgente che placa ogni sete. Non soltanto noi ne abbiamo un infinito bisogno: il mondo geme nell’arsura, e attende qualcuno che abbia il coraggio e la voglia di scavare dei pozzi – come facevano i patriarchi – per indicare le sorgenti.
don Paolo Tomatis
 
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