Il «girotondo» di Santa Rita

UP 17 – QUATTRO PARROCCHIE PER QUASI 70 MILA ABITANTI IN UN’UNITÀ CHE CONTINUA A COSTRUISRSI NELL’ATTIVA COLLABORAZIONE TRA PRETI E LAICI
Il «girotondo» di Santa Rita
Il quartiere segnato dalla presenza dello stadio fa i conti ogni giorno con un popolazione sempre più anziana, ma iniziano a tornare le famiglie giovani
 
Alzi lo sguardo e vedi un grande striscione della Juventus, con tutti i suoi trofei, sporgersi da un balcone. Perché questo è il quartiere di Santa Rita ma è anche quello dello stadio, che ora si chiama Olimpico a ricordare la bella avventura (e i tanti debiti che la città deve ancora pagare) dell’inverno 2006. Da quando lo stadio è stato riaperto alle partite del Torino Calcio, la chiesa di Santa Rita ne ha risentito: perché al sabato pomeriggio e alla domenica è di nuovo impossibile trovare parcheggio; e tanta gente che veniva a Messa al santuario ha ripiegato su altre chiese. Così il calcio dimostra ancora una volta di essere una «questione pastorale», sia che si tratti della Serie A o delle squadre dell’oratorio (che pure sono sempre numerose e molto attive, a Santa Rita e nelle altre parrocchie).
 
Santa Rita verso Sud, come la Madonna della Divina Provvidenza verso Ovest, è diventata la chiesa madre di tante altre parrocchie cresciute nel dopoguerra, quando le fabbriche di Mirafiori hanno chiamato «su» generazioni intere di lavoratori che oggi sono pensionati e nonni. Ora la parrocchia, come le altre dell’Unità pastorale 17 è abitata appunto dagli anziani, piemontesi e vecchi immigrati meridionali, che hanno seguito il ciclo della Fiat. Ma siamo già un passo oltre: nelle case di questa fetta di quartiere, lungo l’asse di corso Sebastopoli, stanno tornando ad abitare anche famiglie giovani, con bambini, che vengono ad occupare gli appartamenti lasciati liberi da nonni e genitori morti o tornati nei paesi d’origine. È un elemento di «vitalità» che ancora non si riscontra in altre zone della città. I Battesimi sono sempre meno dei funerali ma si stanno riprendendo; e, novità più complessa da spiegare, i bambini iscritti ai catechismi sono il doppio dei battezzati nelle parrocchie. Forse perché molti vengono affidati ai nonni, e dunque iscritti dove è più facile accompagnarli e aspettarli.
 
L’Unità pastorale, istituita con le altre nel 2003, ha iniziato il suo cammino da tempo: l’équipe è costituita da membri dei Consigli pastorali parrocchiali e da «esperti» dei vari settori. Almeno una volta l’anno tutti i membri dei Consigli pastorali parrocchiali si ritrovano insieme, per un momento di conoscenza, programmazione, confronto. Il cammino comune non è sempre facile, come in quasi tutte le Unità della città, perché sono molte e notevoli le differenze tra le parrocchie stesse. A cominciare dalle dimensioni: Santa Rita, Natale del Signore e Madonna delle Rose sono comunità enormi, con un numero di abitanti vicino o superiore alle 20 mila unità . L’unica parrocchia di dimensioni «normali» è Maria Madre della Chiesa, con i suoi circa 9 mila abitanti. Per forza di cose le grandi parrocchie sono attrezzate per «coprire» tutti i servizi e le attività richiesti, e servono motivazioni «supplementari» per avviare percorsi comuni con l’esterno. Però il cammino è comunque avviato: prima di tutto per il servizio della carità mentre nelle parrocchie sono comunque attivi i gruppi di Volontariato Vincenziano e le Conferenze di San Vincenzo. Anche i percorsi di formazione per catechisti e giovani sono in comune, mentre è più difficile il lavoro di coordinamento per la preparazione al matrimonio.
 
Le parrocchie, poi, contribuiscono insieme alle attività degli anziani, che hanno un riferimento storico al Natale del Signore con il servizio di «Cultura Popolare Famiglia» fondato da mons. Lino Baracco. Ora anche la Circoscrizione propone, nei locali di via Boston, propri cicli di incontri e servizi per la terza età. A Maria Madre della Chiesa funziona il Centro d’ascolto: un altro servizio indispensabile, in una realtà che ormai è toccata anch’essa dall’emergenza della crisi e da situazioni di disagio, materiale come mentale.
 
Da quest’anno, inoltre, si cercherà di attrezzare l’Unità pastorale per quel «cammino battesimale integrato» disegnato dalla Lettera pastorale di mons. Nosiglia («Devi nascere di nuovo»). La difficoltà consiste nel trovare persone (soprattutto coppie di adulti, famiglie) che siano in condizioni di avviare tale percorso, senza far mancare il proprio servizio in altri settori.
 
Funziona da tempo, invece, l’incontro tra i sacerdoti e diaconi, che da anni si sono abituati a lavorare insieme (e prima ancora a pregare insieme!) e che si ritrovano regolarmente. Il contributo al cammino di unità che hanno inventato e sperimenteranno nel prossimo gennaio è… il girotondo dei preti. Ciascuno dei 4 parroci, domenica 27 gennaio 2013, andrà a predicare nella parrocchia di un altro. L’effetto sorpresa è garantito: ma servirà anche a sottolineare che è finito il tempo dei «campanili privati» e delle comunità chiuse.
 
Forse più che in altri quartieri qui si concentrano molti anziani, famiglie residenti da decenni (solo in tempi recenti è cominciato il «ricambio» di cui si è detto sopra). È un problema pastorale, perché diventa più difficile organizzare i servizi in carenza di energie più giovani. Ma quello demografico sta diventando questione di rilievo per l’intero quartiere: perché si scopre che, anche in zone dove i servizi non mancano, le esigenze per la popolazione anziana crescono. E oggi non ci sono più le risorse disponibili nel passato. Anche la partecipazione dei cittadini è più difficile: questa è stata, negli anni del grande sviluppo di Torino, una delle aree più significative per il movimento dei comitati di quartiere spontanei. Fino all’anno scorso usciva un giornale «Q12», che richiamava il vecchio numero del quartiere, quando a Torino se ne contavano 23. E ancora prima si pubblicava «I centomila», giornale di Santa Rita e Mirafiori Nord, che voleva dar voce alle richieste e ai dibattiti sul territorio che nascevano in quartiere.
 
Oggi questo tipo di partecipazione non si ritrova più, né qui né altrove. Ma forse si comincia a sentirne di nuovo la mancanza, anche in relazione alle grandi scelte urbanistiche che si stanno preparando (o rinviando). Qui c’era il cuore delle Olimpiadi invernali, lo Stadio Olimpico appunto. Ma ci sono anche alcuni dei tanti «baracconi» della cultura effimera, come il PalaIsozaki. E di là da corso Unione Sovietica, a Madonna delle Rose, gli abitanti vedono ogni giorno l’abbandono dei Mercati Generali, e assistono alle promesse ricorrenti per tirar su di nuovo lo stadio Filadelfia – quando non si sa come riempire né l’Olimpico né la Continassa…
 
Il futuro, anche qui, è ancora da costruire (e da discutere) insieme. Ma i segnali di speranza non mancano, né per la comunità cristiana né per quella civile. Come non manca la volontà di «camminare insieme».
Marco BONATTI
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 2 dicembre 2012
 
condividi su