Mons. Cesare Nosiglia su crisi, proteste e ruolo della politica

Intervista su Radio Vaticana del 13 dicembre 2013 a cura di Luca Collodi

«Quando si esasperano i contrasti, i problemi non si risolvono, si rimandano, rimandano, e allora l’esasperazione aumenta. Anche perché, insomma, la crisi è forte. E allora le recriminazioni vengono spontanee e adesso sono esplose. Però c’è bisogno che ogni protesta, pure legittima, tenga conto di quelli che sono i principi della legalità, i diritti di ogni cittadino a svolgere il suo lavoro, ad usufruire dei servizi pubblici, senza intimidazioni, senza pressioni indebite che alla fine si ritorcono contro chi le compie». Così l’Arcivescovo di Torino intervistato da Luca Collodi su Radio Vaticana il 13 dicembre 2013 (cliccare qui per l’audio).

 
Mons. Nosiglia, il sistema Paese sembra sul punto di rompersi. Il Paese legale, la politica, sembra non rappresentare più il Paese reale, la società civile…
Certamente c’è uno stacco notevole. Direi sul piano della politica nazionale. Perché sul piano degli Enti locali, io, che ho a che fare con tanti Comuni, Province, la Regione, mi sembra che ci sia più vicinanza con la gente. A livello più alto, invece, l’esempio non è certo di questo genere. A me sembra che il nostro sistema Paese, chiamiamolo così, ha bisogno che i singoli comparti dialoghino e trovino il modo di pensare un sistema integrato. Il welfare non è solo un fatto di mercato. Ma c’è anche il lavoro, c’è dentro l’attenzione a tutte quelle realtà che sono parte integrante dell’opera produttiva dell’Italia, che sono piccole aziende, commercianti, realtà di base. Vedo invece una sorta di “si salvi chi può” e su questo non si costruisce niente.
 
Mons. Nosiglia, lei pensa che il movimento dei “forconi”, questa protesta generalizzata di gente che non ha rappresentanza sociale o politica sia un fenomeno da non sottovalutare?
Certamente. È un fenomeno da non sottovalutare perché sappiamo bene che si parte sempre così e poi non si sa dove si arriva. Tocca soprattutto alla politica, ma tocca a tutti. Anche la Chiesa deve fare la sua parte, per dare il proprio contributo. Come vescovo, cerco di stare vicino, di aiutare chi soffre, chi ha difficoltà, di pregare, perché anche questo è importante, che il Signore ispiri scelte di riconciliazione, di pacificazione. Però serve attivare un dialogo sempre più diretto, concreto, anche con queste persone. I problemi di fondo vanno affrontati con concretezza e bisogna per questo che le persone si sentano rappresentate al di là della rappresentanza politica. Bisogna che siano rappresentate perché i problemi che pongono siano presi in considerazione e affrontati dalle Istituzioni.
 
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