Consacrati e sinodalità, la sfida del cammino

Domenica 3 febbraio, in Cattedrale, alle ore 15.30 celebrazione della Giornata della Vita Consacrata con mons. Nosiglia

Anche quest’anno, domenica 3 febbraio 2019, in Cattedrale alle ore 15.30, si è celebrata con l’Arcivescovo la Giornata mondiale della Vita Consacrata. Un momento ecclesiale sempre atteso e molto significativo. Anzitutto per rendere grazie al Signore del dono alla nostra Chiesa di tante esperienze e forme di vita consacrata. In secondo luogo, per celebrare importanti giubilei di tante vite consegnate al Signore e spese nel servizio della Chiesa e di tante comunità. A tutte queste sorelle e fratelli il grazie dei rispettivi Istituti e della nostra Chiesa. Detto questo, una domanda viene spontanea: «qual è lo stato di salute della vita consacrata oggi?».

Vorrei rispondere con le provocazioni dell’ultimo Sinodo dei Vescovi dedicato ai giovani. In quella sede i Vescovi hanno parlato della vita consacrata, non solo quale possibile approdo vocazionale per dei giovani in ricerca, ma anche come soggetto «sinodale» della e nella Chiesa. Il documento finale del Sinodo afferma a tutto tondo che il futuro della Chiesa non può che essere sinodale. Un cammino in cui tutti i soggetti ecclesiali devono essere coinvolti: pastori, presbiteri, laici, consacrati, movimenti, associazioni… Un cammino fatto di ascolto fraterno reciproco e di dialogo intergenerazionale con l’unico intento di elaborare orientamenti pastorali convergenti. La sinodalità è un cammino di relazioni tra tutti i soggetti ecclesiali per discernere e trasmettere la fede. Grazie a papa Francesco, ci si sta convincendo che la sinodalità è una dimensione costitutiva della Chiesa: «Chiesa e Sinodo» sono sinonimi, così diceva san Giovanni Crisostomo.

Guardando all’oggi, quanta sinodalità si respira nelle nostre chiese locali e ancor più tra i consacrati e tra religiosi/e in particolare? Purtroppo la tentazione di sempre è quella di percorrere cammini propri, direi quasi autoreferenziali: il carisma dei propri istituti prima di tutto. Papa Francesco con la chiarezza e la franchezza che lo contraddistingue dice a tutti noi consacrati e religiosi/e in particolare che «un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del popolo santo di Dio per il bene di tutti… Quanto più un carisma volgerà il suo sguardo al cuore del Vangelo, tanto più il suo esercizio sarà ecclesiale». A buon intenditor…

Nonostante che tutta la situazione storica che stiamo vivendo e anche patendo induca ad una maggiore relazionalità tra tutti i soggetti ecclesiali, ci si ritrova sempre con pochi passi in avanti. In questi anni, papa Francesco ci ha chiesto con insistenza di «uscire»: uscire da cosa? Esattamente dalla autoreferenzialità: tentazione ecclesiale che tocca tutti: preti, religiosi, laici, movimenti, associazioni… Tentazione che non riguarda solo i singoli, ma molto più i soggetti collettivi: la Chiesa e tutte le espressioni di Chiesa, e tra queste gli istituti religiosi. Nonostante che lo stato di salute dei consacrati in generale non sia dei più floridi, tuttavia la prospettiva di un cammino sinodale tra tutti i soggetti ecclesiali non può che essere la via di una nuova vitalità della Chiesa tutta e, in particolare, della vita consacrata.

don Sabino FRIGATO

Vicario episcopale per la vita consacrata

(testo tratto da «La Voce E il Tempo» del 3 febbraio 2019)

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