Giornata mondiale dei Poveri: messaggio di mons. Nosiglia e materiali per le parrocchie

Domenica 14 novembre 2021 Arcivescovo e futuri diaconi in visita a famiglie in difficoltà a Villaretto

Per la quinta volta, dopo l’anno dedicato alla Misericordia, Papa Francesco ha invitato le comunità a celebrare la V Giornata mondiale dei Poveri domenica 14 novembre 2021 per riflettere e indirizzare la preghiera verso i fratelli più fragili che devono fare i conti con la fatica della povertà, l’esclusione, l’isolamento.

Ogni comunità cristiana della diocesi torinese ha previsto iniziative di preghiera,  riflessione e vicinanza per approfondire il messaggio del Santo Padre  e per far sentire i fratelli e le sorelle più fragili persone di famiglia  per le quali ci si prende cura.

[Inviti, messaggi, indicazioni e materiali utili per l’evento sul SITO CARITAS]

A livello diocesano l’Arcivescovo di Torino Cesare Nosiglia  ha dato l’appuntamento ad un gruppo di famiglie in difficoltà  che abitano nei territori periferici del Villaretto, Falchera, Case SNIA. Domenica 14 novembre alle 14, presso la chiesa di San Rocco (in strada Comunale del Villaretto 196) a Villaretto,l’incontro fraterno ha visto anche la distribuzione alimentare straordinaria predisposta da Caritas Diocesana Torino e dal Banco Alimentare del Piemonte. Qui di seguito il servizio del TG Piemonte:

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Hanno accompagnato l’Arcivescovo quattro candidati al diaconato (Mauro De Nicolò, Gianfranco Leo, Marco Pacca, Giuseppe Piovano) che, alle ore 16 in Cattedrale, con l’ordinazione sono stati aggregati al ministero apostolico del Vescovo. Loro compito sarà proprio testimoniare e tenere alto il profilo evangelico del servizio nelle comunità cristiane in ogni sua forma, animando la soglia che collega l’altare alla vita, il Vangelo celebrato con il Vangelo vissuto.

Il Villaretto – quartiere nella Circoscrizione 6 di Torino Nord, al confine tra il comune di Borgaro Torinese, il raccordo autostradale 1 e la Stura di Lanzo, oltre Falchera – è uno tra i territori più esterni alla Città che esprime evidenti fatiche per composizione sociale, carenza di servizi,  difficoltà nel collegamento ai luoghi economici, culturali, ricreativi e istituzionali. Fa parte della parrocchia San Pio X di Falchera ed è animato pastoralmente dal diacono permanente Raffaele Olivieri.

Sabato 13 novembre alle 18, nella chiesa dei Ss. Martiri a Torino (via Garibaldi 25), l’Arcivescovo mons. Nosiglia ha celebrato la S. Messa in occasione della Giornata di preghiera per i poveri. In allegato il testo dell’omelia.

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Qui di seguito il Messaggio dell’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, per la ricorrenza.

«I poveri li avrete sempre con voi. La Parola di Gesù risuona nel nostro cuore e scuote le nostre coscienze intorpidite a volte dalla paura o dall’impotenza di fronte alle gravi situazioni di povertà crescente che assillano tante famiglie, lavoratori e giovani. Il Papa ha scritto una frase che può bene illuminare la riflessione che intendo fare. Scrive: “È interessante che la rivelazione ci dica che la pienezza dell’umanità e della storia si realizza in una città (cfr. Ap 21, 2-4). Abbiamo bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo contemplativo, ossia uno sguardo di fede che riscopra quel Dio che abita nelle sue case, nelle sue strade, nelle sue piazze. Egli vive tra i cittadini promuovendo la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, di verità, di giustizia” (Evangelii Gaudium, 71).

Il Papa si riferisce alla città, come lo spazio dove vivono la gente, le famiglie e le persone che si incontrano. Non sono solo spazi fisici, ma luoghi in cui si manifesta la presenza di Dio. Purtroppo spesso sono “non luoghi” perché semplici agglomerati di abitazioni e strade dove regna l’estraneità tra le persone e la cultura dell’individualismo e dell’indifferenza. La città dell’uomo in cui Dio abita è quella in cui esiste e si promuove un tessuto di relazioni tra le persone che vanno accolte e coltivate. È la trama del vivere semplice della gente che si riconosce solidale gli uni con gli altri. È l’esperienza di quella fraternità che rende vero e carico di significato quello che facciamo. Ed è anche il campo in cui la Chiesa è mandata e che le è stato affidato da Dio perché venga ben curato e abbondantemente irrorato con la Parola che dà salvezza.

Guardare con sguardo contemplativo la «città» e dunque le nostre realtà sociali in cui viviamo oggi ci induce a due atteggiamenti di fondo. Il primo è la concretezza del realismo. Il secondo l’operosità della speranza. Messi insieme i due generano e promuovono fraternità, giustizia, verità. I numeri della vulnerabilità sono cresciuti perché, più il tempo passa, più gli invisibili che avevano cercato di farcela con le loro forze residue si trovano senza risorse. Il realismo ci porta a fare ancora nostre le parole di Francesco: “Vi sono cittadini che ottengono i mezzi adeguati per lo sviluppo della vita personale e familiare, però sono moltissimi i ‘non cittadini’, i ‘cittadini a metà’ o gli ‘avanzi urbani’ “ (Evangelii Gaudium, 74). No, non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo cadere in questo inghippo. Non possiamo e non dobbiamo accettare la cultura dello scarto, perché abbiamo le potenzialità e la passione per generare novità.

Un nuovo patto sociale e generazionale per il lavoro. In questo momento diventa scelta prioritaria e strategica anche per il domani, il lavoro fonte di dignità per ogni persona, volano positivo per ogni sviluppo senza il quale tutto diventa più difficile e faticoso; infatti dove non c’è lavoro non c’è dignità. L’attuale situazione, lo sappiamo bene, è derivata da quella sete di denaro e di potere che è prevalsa sulla ricerca del bene comune e ha messo in secondo piano la persona che lavora, la sua famiglia, l’ambiente e il territorio.

Il lavoro deve essere dignitoso per ogni persona umana e la crisi non deve essere adoperata come scusa per non osservare le regole proprie del lavoro sia per quanto riguarda la sicurezza, la giusta paga, gli orari, il tempo libero, la salvaguardia del creato… perché tutto questo non è merce da sfruttare ma dono da custodire e conservare anche per le generazioni future. Il lavoro inoltre deve rispettare la vita della famiglia nelle sue necessità economiche, ma anche morali come è quella di potersi incontrare e vivere insieme tempi ed esperienze ricche di umanità e di spiritualità. La messa in campo di risorse e progetti per affrontare sul serio il grave problema della precarietà e della disoccupazione deve stare al centro dell’impegno del mondo politico e finanziario.

Cari amici, come credenti siamo chiamati a mettere in evidenza l’azione dello Spirito Santo nella società che si manifesta attraverso l’inventiva, la volontà e il coraggio di tante persone. Non possiamo lasciarci abbattere dalle difficoltà, non possiamo gettare la spugna. Il grido intenso dei poveri ci chiede di ascoltarli, accoglierli, accompagnarli, mettendo loro al primo posto e non noi, le nostre strutture, programmi e necessità. L’accontentarsi di un assistenzialismo occasionale non aiuta le persone ad assumere le loro responsabilità. Il principale fattore di produttività, più rilevante del profitto e del capitale, è infatti l’uomo che lavora e il suo ambiente di vita, in particolare la famiglia e la comunità locale dove abita.

Va messo in bilancio che l’organizzazione del lavoro, la produzione, le leggi economiche, il mercato comportano una serie di difficoltà, che possono apparire a volte in-sormontabili e comunque creano tensione, conflittualità e ingiustizie. Di qui l’impegno a mantenere sempre aperta e vigile quella riserva di valori spirituali e morali che il cristiano possiede nella fede e che ogni uomo sente dentro di sé.

+ Cesare

vescovo, padre e amico»

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