Martedi’ 6 dicembre 2016

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Ma quella pecora, perché si perde? Il Signore non ne parla, forse perché fa parte dell’esperienza normale del pastore smarrire un capo di bestiame, e doverlo ritrovare. Però, dal «punto di vista» della pecora, la vicenda è molto diversa: quel perdersi, rimanere sola, lontana dal gregge è un’avventura nuova, aperta a tutte le soluzioni possibili: il lieto fine, o la tragedia di uno smarrimento irrimediabile…

 

Noi, che siamo le cento pecore, oggi viaggiamo molto. E, malgrado gli aggeggi satellitari, continuiamo a «perderci». Scrive John Berger: «Alcuni viaggiano per piacere, altri per ragioni d’affari, molti per sentimento di vuoto e di disperazione (…) Alcuni intraprendono a volte un viaggio personale e raggiungono il luogo in cui volevano arrivare, e se la prova è stata sovente più dura di quanto immaginassero, scoprono questo luogo con un sollievo immenso. Molti, non ci arrivano mai» (John Berger, Dieci messaggi sul senso del luogo, Le monde diplomatique agosto 2005).

 

Ciò che sappiamo per certo è che siamo nella mente e nelle preoccupazioni del pastore: ciascuno di noi è indimenticabile per Dio. Così come sappiamo anche che verrà a cercarci sempre, senza per questo dimenticare le altre 99 pecore. Perché la salvezza che il Signore ci offre è individuale, diversa per ciascuno di noi; ma si trova e si ottiene attraverso quel «gregge» misterioso che è la Chiesa.

 

Marco Bonatti

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