Mons. Nosiglia per la festa dei lavoratori: «Le difficoltà di alcuni sono difficoltà di tutti»

Nel messaggio per il 1° maggio 2022 l’appello alla solidarietà e ad azioni concrete di tutela e promozione

Pubblichiamo di seguito e in allegato il testo di saluto dell’amministratore apostolico delle diocesi di Torno e Susa, mons. Cesare Nosiglia per la festa dei lavoratori domenica 1 maggio 2022.

Cari Amici,

sono qui con voi per rivolgere il mio saluto – insieme alla Chiesa tornese –  ai molti lavoratori e oggi in particolare a quelli che nel nostro territorio rischiano il posto di lavoro, perché con l’apporto solidale di tutti si possa affrontare la prova e le difficoltà in cui si trovano diverse aziende. Mi auguro che le varie componenti istituzionali e sociali che si stanno occupando del problema possano trovare quegli accordi necessari a garantire la continuità di un lavoro assicurato e permanente.

La disoccupazione totale o parziale è una piaga sociale che va combattuta sempre e comunque senza mai arrendersi all’ineluttabile. Il diritto al lavoro resta il punto centrale di ogni società, di ogni sviluppo, ed esige dunque il massimo impegno da parte di tutti. Il diritto al lavoro porta con sé quello di condizioni dignitose ed umane del lavoro stesso, rispettoso di altri importanti diritti quali la famiglia, il tempo libero, il riposo.

Purtroppo vorrei ricordare chi in questa piazza non c’è e non potrà mai più esserci, quelli che sono morti sul luogo di lavoro. In questi ultimi anni il loro numero è molto cresciuto e questo significa lutto e tragedia familiare, ma significa anche che il lavoro esige sicurezza perché senza di essa non c’è lavoro ma solo incuria e sfruttamento.

Molti altri non sono in questa piazza e sono soprattutto i tanti giovani che non trovano lavoro o non sono considerati lavoratori perché non hanno un contratto, una previdenza sociale o una assistenza sanitaria, o trovano un lavoro legato a una dimensione temporanea e quindi precaria. Penso anche al grande problema della disoccupazione femminile, accentuata ancor di più dalla crisi pandemica. Occorre investire sul valore aggiunto delle donne nel mondo del lavoro e contrastare con forza qualsiasi ipotesi di alternative tra lavoro e famiglia, bensì armonizzando queste due importanti sfere. Conoscete anche voi meglio di me le situazioni complesse e anche dolorose in cui migliaia di persone svantaggiate nel nostro Paese affrontano il lavoro in condizioni precarie e prive di tutela.

La giustizia e la solidarietà camminano insieme e si realizzano tra i lavoratori quando ci si rende conto che le difficoltà di alcuni sono difficoltà di tutti e i diritti di alcuni sono da difendere e promuovere come diritti di tutti. Se vogliamo che l’uomo sia al centro del lavoro, occorre che su questo tutte le forze sociali puntino con grande determinazione e siano coerenti poi nel mantenere fermo questo obiettivo, perseguendolo non solo sul piano sociale ma anche fraterno e spirituale.

Il caso dell’ex Embraco è quello più drammatico e inconcepibile, ma sappiamo bene che non è l’unico perché c’è una serie di situazioni in atto anche in altre aziende del territorio, in cui tanti lavoratori si sono trovati ad affrontare scelte ingiuste e devastanti per la loro vita e la loro famiglia, usati come pedine e merce di scambio per affari chiaramente poco trasparenti. Colpisce per l’ampiezza dell’azienda e per il venire meno da parte anche del Ministero degli Affari Economici che avrebbe potuto e dovuto intervenire per attivare un percorso programmato insieme ad imprenditori, sindacati e lavoratori, con accordi idonei ad affrontare i problemi, tanto più che il lavoro non manca nella nostra realtà e che sembra dare buoni frutti anche sul piano della produzione nell’ultimo anno.

La comunità cristiana non può restare indifferente a queste situazioni quando incidono in modo grave e devastante sulla vita delle famiglie, sul futuro dei giovani e sulle prospettive di un futuro sereno e garantito di lavoro sul territorio. Il Papa ha ripetuto che chi licenzia i suoi operai è come se vendesse la loro dignità e questo conduce a svendere anche la propria dignità di persona. E anche il Presidente della Repubblica ha ribadito che il lavoro garantisce la dignità dei cittadini e della dignità abbiamo bisogno più di ogni altra cosa, per affrontare il mondo di oggi e di domani.

Come sapete non ho mai mancato di spendermi in prima persona e di impegnare la Chiesa di Torino in ogni possibile azione di sostegno ai lavoratori e alle loro famiglie. Il lavoro è troppo importante per la nostra vita per essere considerato solo una questione economica e contrattuale. Per questo ho vissuto insieme a tanti lavoratori e lavoratrici la loro sofferenza per il rischio di perdere il posto di lavoro.

Senza il lavoro non è possibile costruire il nostro futuro! Non si trova una casa, non si può costruire una famiglia! La Chiesa torinese perciò è pronta a fare la sua parte, non solo con l’appoggio morale ma anche con ogni altro mezzo a sua disposizione per dare un concreto sostegno ai lavoratori e alle loro famiglie. Ma non possiamo farcela da soli.

Proprio i cambiamenti e le grandi prove di questi anni ci obbligano a imparare che non siamo un’isola in nessun senso. Le nostre fabbriche non possono produrre senza i materiali che arrivano da altri continenti, l’agricoltura e persino il turismo e l’accoglienza non funzionano senza il contributo che viene da altri lavoratori che provengono da Paesi diversi. La pandemia prima e ora la guerra ci hanno fatto capire quanto il nostro stesso benessere, le nostre sicurezze, erano fragili perché non fondate sulla solidarietà profonda tra le classi sociali e tra le generazioni.

Qui a Torino viviamo tra speranze e delusioni. Non siamo più la capitale dell’automobile, anche se questo settore dovrebbe comunque rappresentare la parte più importante del lavoro che resta centrale nel coniugare la capacità di creare un sistema economico competitivo con un’etica che salvaguardi anzitutto coloro che lavorano. Il lavoro è troppo importante per la nostra vita per essere considerato solo una questione economica. In questo periodo purtroppo abbiamo dovuto assistere a ristrutturazioni pesanti e molto dolorose in cui le istituzioni e i politici non sono intervenuti come avrebbero dovuto.

Chiediamo a San Giuseppe, patrono dei lavoratori, la forza di operare, perché il Vangelo del lavoro sia salvaguardato nel nostro territorio e si possano trovare vie adeguate e giuste per affrontare e risolvere i gravissimi problemi che stanno davanti a voi. Ogni imprenditore e operaio possa guardare avanti con rinnovata fiducia e serena certezza di poter trovare nel proprio lavoro il sostegno necessario alla propria vita e a quella dei propri cari.

Con questa convinzione saluto e ringrazio i sindacati che operano con impegno e determinazione a servizio di voi lavoratori.

Desidero far pervenire a tutti i lavoratori e lavoratrici, alle loro famiglie e a quanti attendono con ansia un nuovo lavoro, dopo aver subìto per anni la cassa integrazione fino al fallimento della loro fabbrica, la mia benedizione e il mio forte incoraggiamento e l’augurio che nel nostro Paese si consolidi un lavoro sempre più umano, giusto, solidale ed equo per tutti i lavoratori e le loro famiglie.

Come sapete io tra pochi giorni consegno al mio successore il compito stabilito da Papa Francesco di assumere la responsabilità di guidare la Chiesa di Torino e di Susa. Ma io resto a Torino e vi assicuro che mai cesserò di seguire e sostenere il lavoro di voi tutti, cari amici. Lo devo a mio padre operaio della Piaggio, che mi ha inculcato nel cuore e nella vita il dovere dare ad ogni operaio e alla sua famiglia il massimo di tutte le mie forze e capacità.

Buona festa del 1° maggio!

                                                                                                                     + Cesare Nosiglia

Amministratore Apostolico delle Diocesi di Torino e Susa

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