Settimana di formazione del Clero a Spotorno, il senso della tradizione

Dal 7 all’11 gennaio 2019. On line TUTTI GLI AUDIO degli interventi

Fino a qualche decennio fa (e a tutt’oggi, in altre parti del mondo) l’anziano era la figura autorevole nella società, perché sinonimo di saggezza e depositario dell’identità di una famiglia o di un paese. L’accelerazione dei processi culturali e degli sviluppi tecnologici, la sostituzione della saggezza con la competenza tecnica e fenomeni come la globalizzazione hanno prodotto il sovvertimento di alcune gerarchie sociali e talvolta anziano non è più sinonimo di saggio, ma di sorpassato. Il ritmo delle trasformazioni in atto crea spesso un senso di disorientamento, sia a livello sociale che a livello personale.

A differenza di molte generazioni che ci hanno preceduto, ognuno di noi (come singolo, come società, come Chiesa) è consapevole che nel corso della sua esistenza sarà sfidato a ridefinire la sua identità salvaguardando l’essenziale: nessuno di noi concluderà i suoi giorni nello stesso scenario sociale ed ecclesiale in cui è venuto al mondo, e non si tratterà di inevitabili, minimi cambiamenti.

Per non fare che due esempi cui stiamo assistendo, si pensi al tramonto della «civiltà parrocchiale» in ambito ecclesiale e al fenomeno delle migrazioni in ambito occidentale. Proprio in questo contesto è necessario mettere a tema la questione della tradizione. Nel momento in cui la nostra identità è sollecitata al cambiamento, occorre essere lucidi rispetto alle proprie radici e ai fondamenti irrinunciabili; occorre essere consapevoli dell’eredità preziosa ricevuta, per non dissolvere il tesoro.

Per un verso non si tratta di mummificare il passato, come se il senso della tradizione consistesse nella ripetizione perpetua delle formule e degli stili ricevuti (è il rischio del tradizionalismo). Per altro verso non si può considerare la tradizione come un fastidioso ostacolo verso nuovi orizzonti, come se il cammino di oggi non fosse prosecuzione delle tappe precedenti (in questo senso, si sperano superati alcuni atteggiamenti deteriori del ‘68). Senza un adeguato senso della tradizione, attento alla traduzione in nuovi contesti del tesoro di fede ricevuto, non andremo da nessuna parte o ci perderemo in vicoli secondari.

La tradizione è questione di vita. Ormai pare chiaro a (quasi) tutti che la pastorale non può chiudersi in schemi antichi (in nome del «Si è sempre fatto così») né può ricercare ad ogni costo novità magari effervescenti, ma ignare della ricca storia che ci ha trasmesso il Vangelo. Per tutti questi motivi, e per molti altri, la consueta settimana riservata alla formazione permanente del clero (prevista a Spotorno dal 7 all’11 gennaio 2019) ha messo al centro del percorso il tema della tradizione, nei suoi risvolti filosofici, storico-sociali, teologici e pastorali (PROGRAMMA DETTAGLIATO in allegato).

La settimana è stata coordinata da don Ferruccio Ceragioli, in veste di docente di Teologia fondamentale presso la nostra Facoltà teologica. In fase istruttoria, il prof. Roberto Mancini (Università di Macerata) ci ha aiutato a considerare il ruolo della tradizione nella costruzione dell’identità di una società; mentre la prof. ssa Marta Margotti (Università di Torino) ha approfondito, con taglio storico, l’idea di tradizione nel nostro tempo, dalla contestazione sessantottina alle riprese identitarie odierne.

Ci si è soffermati poi a considerare la portata complessiva del Concilio Vaticano II come evento di tradizione, con l’aiuto della prof.ssa Monica Quirico, docente della nostra Facoltà teologica. A delineare la centralità della tradizione nel cristianesimo è stato don Alberto Cozzi (sede di Milano della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale), mentre don Ceragioli ha messo a fuoco il servizio del magistero nei confronti della tradizione medesima. Alcuni interventi successivi hanno recuperato dalla tradizione alcune suggestioni utili per il presente.

Dalla scuola della reazione ecclesiale ad alcune eresie antiche (marcionismo, gnosi, pelagianesimo), si è passati a considerare alcune tentazioni per il cristianesimo del nostro tempo: la rimozione dell’Antico Testamento (don Germano Galvagno, della nostra Facoltà teologica), una fede senza consistenza storica e affettiva (don Raffaele. Maiolini, FTIS, Brescia), una fede senza gioia e senza misericordia (don Giuliano Zanchi, diocesi di Bergamo).

Infine, alcuni laboratori ci hanno aiutato a valorizzare quegli ambiti pastorali (liturgia, arte cristiana, riti giovanili, musica liturgica) in cui la tradizione ha prodotto e continua a produrre frutti significativi. Le conclusioni sono state affidate all’intervento del nostro Arcivescovo nella mattinata finale.

Accanto alla possibilità di approfondimento teologico e di riflessione su una dimensione significativa della fede e dell’azione pastorale, si è stati favoriti dall’accoglienza della terra ligure e dal consueto clima di fraternità tra i partecipanti. La settimana era aperta a tutti i presbiteri.

Qui di seguito i link alle registrazioni audio degli interventi:

Per info: Ufficio Evangelizzazione e Famiglia della Curia (formazionepretitorino@diocesi.torino.it, tel. 011 51 56 327).

Germano GALVAGNO

(testo tratto da «La Voce E il Tempo» del 21 ottobre 2018)

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