I nostri giovani sono «trasversali»

Il libro di mons. Cesare Nosiglia «Alla ricerca del bene comune»

Mons. Nosiglia è arrivato a Torino giusto due anni fa, il 21 novembre 2010. Prima ancora dell’ingresso incontrò i giovani al Santo Volto; e già il 10 ottobre, nell’intervista rilasciata a Vicenza alla «Voce del popolo» appena pubblicata la sua nomina, aveva posto la questione dei giovani come priorità del suo servizio episcopale: intitolammo quell’articolo «Giovani, ho bisogno di voi».
 
In questi due anni a Torino l’arcivescovo ha incontrato migliaia di giovani, istituito il «Consiglio pastorale dei giovani» e, il 18 novembre scorso, ha avviato ufficialmente il Sinodo, un cammino su cui Chiesa e giovani vogliono incontrarsi e crescere insieme. Ma soprattutto mons. Nosiglia ha parlato della realtà giovanile sempre. La crisi che attanaglia Torino è, nella sua mente e nelle sue parole, prima di tutto un problema di giovani: quelli che non trovano lavoro, che non possono sposarsi perché non hanno casa né riescono ad accedere a un mutuo; i giovani che devono confrontarsi con un sistema scolastico non solo carente, ma a volte anche inadeguato.
 
Impegnato nei vari tavoli della crisi con istituzioni e imprenditori, sindacati e responsabili scolastici, l’arcivescovo ha sempre avuto in vista la «politica giovanile», che è al centro di ogni altro problema. Perché una società «invecchia» appunto prima di tutto non costruendo le condizioni della propria crescita futura – crescita non solo economica ma – e molto prima – culturale e spirituale. Forse anche per questo l’arcivescovo ha esplicitato un’attenzione particolare al popolo nomade di rom e sinti, «il più giovane d’Europa»: quello che ha davanti più futuro.
 
Il libro che esce in questi giorni («Alla ricerca del bene comune», ed. Cittadella) raccoglie una serie di interventi di mons. Nosiglia, scritti e pronunciati a Torino e a Vicenza, intorno ai temi sociali e politici. Sono testi nati per essere proposti a uomini politici e amministratori, preti e operatori del sociale: i temi ricorrenti e il «linguaggio» stesso sono ben conosciuti, tanto più in tempi come questi, in cui è impossibile (e giustamente) non fare riferimenti alle condizioni di vita difficili in cui stanno molte persone, credenti e no. E però ci pare che la realtà del mondo giovanile, nei vari aspetti cui abbiamo accennato sopra, compaia in queste pagine come una costante, sia quando viene citata e raggiunta esplicitamente, sia quando l’arcivescovo parla della città, del lavoro, della scuola, della famiglia.
 
Per scegliere una parola che si sta rapidamente consumando: i giovani appaiono come «trasversali» alla meditazione che l’arcivescovo conduce sulla sua città. Intorno alle nuove generazioni si saldano tutti i percorsi – della pastorale, come del pensiero di mons. Nosiglia. Se si guarda a questi due primi anni di episcopato a Torino non è difficile accorgersi che c’è un filone coerente di scelte (pastorali per la vita della Chiesa, magisteriali per la città intera) che convergono tutte verso un obiettivo unitario: la formazione. Dalla «Settimana della scuola» alle iniziative promosse dalla Pastorale del Lavoro per le nuove forme di imprenditorialità giovanile, si legge facilmente una continuità. Ma anche, e molto più, è evidente l’intenzione di riordinare e dare maggior respiro al «sistema formativo» della Chiesa torinese, lanciando il progetto del Servizio diocesano di formazione in cui coinvolgere tutte le componenti della comunità ecclesiale.
 
Per certi versi lo stesso percorso della pastorale battesimale, delineato nella Lettera pastorale «Devi nascere di nuovo» implica e richiede, prima di tutto, un ripensamento sulla formazione di chi offre la propria testimonianza cristiana lavorando in parrocchia: perché anche ad essi si chiede di rimettere in gioco le proprie competenze, di non fidarsi dell’esperienza acquisita, di lanciarsi in un cammino completamente nuovo, appunto quello di andare a costituire «équipe battesimali» per entrare in relazione con le famiglie e gli ambienti vitali. Una «provocazione» alla formazione globale, verrebbe ancora da ricordare, che non riguarda solo i fedeli laici: ma prima e più gli ordinati, a cominciare dai preti.
 
Questa catena di pensieri trova un riscontro, nel libro della Cittadella, soprattutto nell’ultimo intervento riportato: «La ‘Caritas in veritate’ nell’attuale situazione economica e socio-culturale del nostro territorio». Qui l’arcivescovo affronta la verità dei fatti per quanto riguarda l’«emergenza educativa», e il progressivo peggioramento delle condizioni del sistema di istruzione nel nostro Paese; qui chiede il lancio di quella «alleanza educativa» che ricostruisca anche, in realtà, rapporti solidali e fecondi tra le generazioni. È, come si vede, un discorso amplissimo (ma l’arcivescovo, come i giovani del resto, non ha paura degli orizzonti ampi): e sarebbe un «errore di lettura» ridurre al solo tema della formazione sociale e politica un appello all’impegno che è, nella prospettiva di mons. Nosiglia – e per la Chiesa di Cristo – un lavoro a tutto campo.
Marco BONATTI
Testo tratto da «La Voce del Popolo» del 9 dicembre 2012
 
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