Mons. Nosiglia su famiglia e referendum irlandese

Su «La Voce del Popolo» di domenica 31 maggio 2015 intervista all''Arcivescovo di Torino e presidente del Convegno Ecclesiale di Firenze 2015

Esce sull’edizione di domenica 31 maggio 2015 de «La Voce del Popolo» (in edicola da giovedì 28 maggio), all’interno di un focus sul tema famiglia, l’intervista  all’Arcivescovo di Torino mons. Cesare Nosiglia. Il presidente del Convegno Ecclesiale Decennale di Firenze 2015, affronta il tema scaturito in sede europea dal risultato del Referendum in Irlanda.

Di seguito il testo integrale per gentile concessione del settimanale diocesano:

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Eccellenza mons. Cesare Nosiglia, il suo pensiero sull’esito del voto irlandese?

È una scelta che ha sorpreso molti perché si riteneva che il popolo d’Irlanda fosse uno dei più cattolici in Europa. Ma questa qualifica di «cattolico» non regge alla prova dei fatti. La cultura dell’individualismo e la martellante propaganda dei mass-media, tutti orientati al sì ai matrimoni omosessuali, è prevalsa in molti sulla ragionevolezza e sull’appartenenza anche se debole alla fede cattolica. Quello che è successo in Italia sul divorzio e sull’aborto lo aveva già dimostrato ampiamente. Molti, che pure si dichiarano cattolici, hanno ormai acquisito nella loro mentalità e costume di vita una netta separazione tra vita privata e vita pubblica, per cui la sfera dell’appartenenza religiosa è vissuta come una scelta individuale. Si ragiona così: «Io sono cattolico e credo nella famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, ma se un altro la pensa diversamente, è giusto che lo Stato laico gli offra la possibilità di soddisfare i suoi desideri garantendogli uguali diritti».

Questo considerare il matrimonio un fatto privato impedisce di coglierne il valore umano, naturale e sociale che esso ha, prima ancora che religioso o conseguente a una scelta dei singoli. In questo modo la vita comune, elemento insostituibile della convivenza sociale, si riduce alla somma di tanti individui separati l’uno dall’altro e autoreferenziali. Il compito dello Stato diventa quello di promulgare leggi che si limitano a riconoscere ogni scelta individuale o di gruppo invece di sostenere soprattutto quelle che contribuiscono a promuovere in modo determinante i valori comuni ritenuti essenziali per la l’intera società. Non dimentichiamo che l’attuale forma di matrimonio e di famiglia, mediante la procreazione e l’educazione dei figli che rappresentano il tesoro più prezioso di un Paese garantisce il suo stesso futuro.

Quali conseguenze potrebbe avere per il nostro Paese?

Di per sé non dovrebbe incidere più di tanto perché ogni Stato è sovrano in questa materia, anche se una martellante propaganda strumentale si avvale di ogni circostanza favorevole per cercare di avallare le proprie idee, sottolineando il fatto che ormai sono poche le nazioni occidentali che non hanno ancora attivato una legislazione sui matrimoni omosessuali. C’è da augurarsi invece che si avvii un serio e sereno dialogo tra tutte le componenti politiche oltre che religiose e culturali del nostro Paese, per affrontare questo tema che, data la sua grande importanza, non può essere oggetto di pressioni ideologiche e contrapposizioni frontali, ma deve essere sostenuto da un’attenta valutazione per salvaguardare da un lato il valore della famiglia che la Costituzione all’art. 29 definisce «società naturale fondata sul matrimonio» e che tutte le leggi successive regolano a partire dai soggetti che ne fanno parte – uomo e donna e figli – secondo specifici doveri e diritti molto chiari e definiti, e dall’altro per promuovere quei diritti ritenuti essenziali a garanzia di ogni persona omosessuale e le sue concrete necessità.

Si tratta di approfondire il tema a partire, dunque, non tanto da ragioni religiose, che valgono ovviamente solo per i credenti, ma da considerazioni civili valide per tutti, senza forzature indebite di ordine ideologico o politico. Purtroppo il clima che si respira non favorisce certo questa strada, quando chi propugna una visione di matrimonio e famiglia costituzionale e tradizionale viene perfino impedito di dichiararlo con l’accusa di perseguire vie di discriminazione verso chi la pensa diversamente.

In Parlamento si sta discutendo il disegno di legge che regola i diritti delle coppie omosessuali. Come giudica la proposta normativa?

La legge è ancora in discussione, ma certo alcuni punti indicano chiaramente che l’impostazione tende a equiparare il matrimonio tra uomo e donna con l’unione omosessuale, a parte il discorso delle adozioni. L’articolo 3 infatti è chiarissimo perché afferma che tutte le leggi e norme che sono presenti nel Codice Civile relative al matrimonio eterosessuale vanno attribuite e applicate anche per l’unione omosessuale. Di fatto dunque solo nominalmente tale unione non viene chiamata matrimonio. Ma il disegno di legge ha anche un secondo titolo che riguarda le convivenze che in un certo senso è addirittura più estensivo del precedente, perché riconosce ai conviventi molti dei diritti propri del matrimonio, senza però chiedere adeguati doveri da assumersi da parte di soggetti che peraltro non hanno scelto di regolare comunque la propria unione. In questo modo si depotenzia del tutto lo stesso matrimonio sia civile che religioso, con gravi conseguenze di allontanare sempre più i giovani da un istituto che è sempre stato e non può non restare un’architrave fondamentale della nostra società.

Se la legge fosse approvata, cosa cambierebbe per la Chiesa e i cristiani?

La Chiesa richiama tutti, e i politici che dovranno decidere in merito e si riconoscono nei principi cristiani, a mostrarsi coerenti con essi, anche in questa particolare circostanza in cui si richiede coraggio, unità e impegno responsabile. Chiede alle nostre comunità e a tutte le componenti cattoliche, le famiglie in primo luogo, le associazioni e movimenti laicali, di seguire con attenzione l’evolversi della situazione per conoscere bene quanto sta avvenendo al riguardo in Parlamento, con le molteplici posizioni dei vari senatori e deputati coinvolti. In ogni modo la Chiesa continuerà e intensificare l’educazione delle coscienze, per seguire la via ragionevole indicata chiaramente dalla stessa natura umana, voluta da Dio Creatore e confermata da Cristo con il sacramento del matrimonio. Di questa via di speranza per tutti debbono oggi farsi carico le famiglie cristiane, chiamate a testimoniare una scelta alternativa alla cultura e mentalità dominante, che escludono ogni visione di matrimonio e famiglia diversa da quella imposta dalla dittatura dell’individualismo e del «politicamente corretto».

All’inizio del cristianesimo la Chiesa si è trovata di fronte a situazioni molto simili a quella che oggi vengono propagandate come conquiste moderne (in realtà sono molto vecchie perché già ampiamente vissute nel mondo pagano ) e le ha affrontate con l’annuncio del Vangelo del Matrimonio e con la testimonianza delle coppie cristiane che subivano anche rifiuti e persecuzioni. Ci siamo illusi per tanti secoli credendo che la salvaguardia di una legislazione favorevole al matrimonio e alla famiglia fosse sufficiente per garantirne la continuità anche culturale, giuridica e sociale. Oggi non è più così, per cui va intensificata la via della formazione e del sostegno alle coppie e famiglie cristiane, e soprattutto delle nuove generazioni. Giova ricordare infine quanto ha affermato lo scorso anno il Sinodo straordinario sulla famiglia nelle sue conclusioni: «Non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote tra le unione omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Nondimeno gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. A loro riguardo si deve evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione».

Copyright: La Voce del Popolo, Torino

 

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