Emergenza lavoro: «Svegliarsi, e riprendere a camminare insieme»

Riparte il Tavolo per il lavoro della Diocesi. Dichiarazioni di mons. Nosiglia. Il caso Embraco

Qui di seguito il comunicato dell’11 luglio 2020 sulla posizione della Diocesi e dell’arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia, riguardo all’emergenza lavoro in ambito locale.

  1. Il Tavolo per il lavoro

Il «Tavolo per il lavoro», aperto dalla Diocesi di Torino a inizio anno, intende rilanciare una proposta di dialogo fra tutte le parti sociali e le istituzioni, in vista delle scelte decisive che, già da prima del contagio, la città e il suo territorio devono affrontare.

Che cosa si è fatto – In questi mesi sono proseguiti gli incontri “a distanza” della cabina di regia di cui fanno parte, con l’Arcivescovo e il direttore della Pastorale del Lavoro, imprenditori ed economisti, esponenti del sindacato, del credito, dell’istruzione e della ricerca, della comunicazione.

Sono state individuate tre «priorità assolute» per il territorio torinese e piemontese:

  • promuovere il lavoro. Cioè favorire la creazione di nuove opportunità occupazionali nel territorio, ma al contempo difendere e tutelare l’occupazione che già esiste, e che la crisi sanitaria ha indebolito ma certo non cancellato del tutto;
  • privilegiare la formazione. È la qualità delle persone il primo e più importante patrimonio torinese. La formazione “a tutto campo” deve riguardare non solo le eccellenze ma tutti i cittadini, offrendo a ciascuno opportunità commisurate alle capacità;
  • identificare alcuni punti focali di politica industriale che permettano un rilancio dell’economia torinese. In particolare: bisogna non sprecare l’occasione di procedere con la «Città della Salute», che contiene opportunità importanti sia per il rilancio urbanistico che per la ricerca e le applicazioni medicali. L’automotive rimane un punto di riferimento, affrontando anche la questione della mobilità nella filiera. Vi sono poi tutti gli “investimenti” nel campo della formazione, scolastica e professionale.

Che cosa si farà – Il lavoro della cabina di regia proseguirà con il metodo del confronto aperto e senza pregiudizi tra forze sociali, istituzioni, ambienti della politica. A partire da settembre il Tavolo promuoverà incontri “mirati” sul territorio e con esponenti ed esperti di settore.

Le indicazioni raccolte finora verranno ordinate in un documento, con l’intenzione di stabilire una rete di relazioni fruttuose da mettere a disposizione di chi – dall’Unione europea al governo nazionale ai poteri locali – ha il compito di promuovere il rilancio. Il Tavolo intende anche preparare un appuntamento pubblico di grande rilievo nel 2021, in cui coinvolgere la cittadinanza e la comunità cristiana per discutere insieme del proprio futuro e di quello delle giovani generazioni.

  1. Dichiarazioni di mons. Nosiglia

L’arcivescovo di Torino, presentando la nuova fase del Tavolo, propone due osservazioni di fondo.

I numeri e la paura – «Come ho sottolineato nella mia Lettera alla città per San Giovanni, credo mio dovere invitare tutti, in questo periodo, alla vigilanza. Ogni giorno veniamo raggiunti da previsioni terribili sul futuro prossimo dell’economia e dunque delle condizioni di persone e famiglie. Se è legittimo esprimere le preoccupazioni di vari settori del mondo produttivo, credo sia anche doveroso ricordarci tutti che il nostro orizzonte non è solo quello dei profitti ma quello, più articolato e complesso, della società intera. Non possiamo soltanto lasciarci spaventare da certe previsioni: esse, caso mai, devono stimolarci ad accrescere le nostre “risorse di solidarietà”. Non si tratta solamente di recuperare fatturati e guadagni, ma di cogliere l’occasione per realizzare un modello di sviluppo sociale più giusto e più solidale».

«Forse saremo più poveri, certamente dovremo essere più solidali, se davvero vogliamo uscire dalla crisi a testa alta. La solidarietà deve aiutarci, anche, a inventare soluzioni nuove e diverse di economia e di imprenditoria; soluzioni che, pur rispettando le regole del mondo attuale, sappiano essere inclusive – proprio perché il lavoro non è solo guadagno per la sopravvivenza ma conquista continua di dignità per ogni persona. È il bene comune il nostro orizzonte».

Il risveglio di un tesoro nascosto – «Sono deluso e amareggiato da come si affrontano i problemi del lavoro nel nostro territorio ma resto fiducioso e carico di speranza. Non si può continuare però a imbonire la gente con la prospettiva di sussidi che entro breve finiranno, lasciando le situazioni immutate. Bisogna compiere passi che affrontino le criticità in cui versano tante imprese coi loro dipendenti, senza creare inutili illusioni: altrimenti ci si avvia su una strada cieca, esasperando ancora di più le giuste rivendicazioni che i sindacati e i Comuni interessati insieme alla Chiesa, richiamano continuamente senza ottenere però risposte appropriate ai singoli casi.

Le istituzioni, quelle locali in primo luogo, devono impegnarsi direttamente a ricercare tutte le vie necessarie per sostenere le molteplici componenti del mondo del lavoro piemontese a mettere in campo quelle risorse che già esistono e non sono ancora abbastanza valorizzate. Penso soprattutto alle eccellenze nei campi della tecnologia, della ricerca e della formazione. Rimandare sempre oltre, senza affrontare i problemi reali o aspettando che siano risolti da altre componenti politiche di grado superiore o internazionale non è la soluzione.

Anche il mondo del credito e le fondazioni di origine bancaria, che rappresentano un elemento di primo piano a Torino e in Regione devono – come ho già sostenuto in passato – impegnarsi non solo nell’assistenza sulle emergenze ma anche, in modo ancor più deciso ed esplicito oggi, nel sostegno al lavoro, sia per quanto riguarda il credito alle imprese sia per gli aspetti occupazionali».

  1. Ex Embraco

La fabbrica chierese rappresenta un caso emblematico per tante altre situazioni di criticità del nostro territorio. La Diocesi, come già anticipato dalla Regione Piemonte, propone con determinazione un Tavolo specifico per affrontare la crisi della fabbrica chierese. È necessario infatti dare segnali concreti di attenzione e responsabilità verso i lavoratori e le lavoratrici e le loro famiglie, avvolti da una crisi che perdura da alcuni anni minando i diritti, la giustizia e la dignità di tutte le persone coinvolte.

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