I Vescovi piemontesi in visita da papa Francesco: FOTORACCONTO

Dal 22 al 26 gennaio 2024. L'incontro precedente risale al 2013. Storia e significato

Sono iniziate il 22 gennaio 2024 le visite «ad limina Apostolorum» (lett. «alle tombe degli Apostoli») dei vescovi italiani. Nei prossimi mesi i vescovi di tutte le Diocesi italiane saranno dunque impegnati, in base alla suddivisione del territorio ecclesiastico, nel loro “pellegrinaggio” presso la Santa Sede. I primi ad essere ricevuti sono stati i vescovi del Piemonte e della Valle d’Aosta, dal 22 al 26 gennaio. I presuli delle diocesi della Regione ecclesiastica sono stati impegnati in incontri con i Dicasteri vaticani, la Segreteria generale del Sinodo e la Segreteria di Stato. Di particolare importanza e significato le concelebrazioni eucaristiche nelle quattro basiliche papali di San Pietro, San Giovanni in Laterano, Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Nella giornata di giovedì 25 gennaio si è tenuto l’incontro con il Santo Padre.

Al seguente link la FOTO-CRONACA della Visita ad limina 2024.

E’ stata la seconda volta che i vescovi piemontesi insieme vengono ricevuti da Papa Francesco, visto che la precedente Visita ad limina Apostolorum si svolse nel 2013, poco dopo l’elezione al soglio pontificio. Rispetto a poco più di 10 anni fa, però, solo per mons. Lovignana (vescovo di Aosta e attuale presidente della Conferenza episcopale regionale), mons. Brambilla (Novara), mons. Cerrato (Ivrea) e mons. Gallese (Alessandria) si è trattato di una seconda volta. Per mons. Repole (Torino e Susa), mons. Giraudo (ausiliare Torino), mons. Brunetti (Alba), mons. Delbosco (Cuneo-Fossano), mons. Miragoli (Mondovì), mons. Bodo (Saluzzo), mons. Olivero (Pinerolo), mons. Arnolfo (Vercelli), mons. Farinella (Biella), mons. Sacchi (Casale Monferrato) e mons. Prastaro (Asti) è stata la prima esperienza. 

SIGNIFICATO DELLE VISITE AD LIMINA

La visita “ad limina” (Apostolorum) cioè alle soglie/tombe degli apostoli, sono momenti particolari in cui i presuli riferiscono al Papa sull’andamento delle loro diocesi per averne indicazioni e risposte. Questa visita (che tradizionalmente si svolge ogni 5 anni, anche se l’ultima “italiana” risale al 2013), sottolinea la Costituzione apostolica Praedicate evangelium, rappresenta «il momento più alto delle relazioni dei pastori di ciascuna Chiesa particolare e di ogni Conferenza episcopale e di ogni Struttura gerarchica orientale con il Vescovo di Roma. Egli, infatti, ricevendo i suoi fratelli nell’episcopato, tratta con loro delle cose concernenti il bene delle Chiese e la funzione pastorale dei vescovi, li conferma e sostiene nella fede e nella carità. In tal modo si rafforzano i vincoli della comunione gerarchica e si evidenziano sia la cattolicità della Chiesa che l’unità del Collegio dei vescovi».

La visita, prosegue Praedicate evangelium, si articola in tre momenti principali: il pellegrinaggio ai sepolcri dei principi degli apostoli, l’incontro con il Romano Pontefice ed i colloqui presso i Dicasteri e gli organismi di giustizia della Curia romana.

Parlando delle visita ad limina in apertura di Consiglio permanente il 22 gennaio 2024, il cardinale Matteo Zuppi ha detto che rendono «ancora più manifesta la collegialità quale dimensione necessaria e insostituibile per la Chiesa sinodale». «Anche le Conferenze episcopali, nelle quali ci è dato di vivere la comunione tra noi vescovi e la missione in seno ad un medesimo territorio – ha aggiunto Zuppi -, si inseriscono in questo movimento sinodale. Il nostro venire a Roma è, pertanto, un’opportunità per portare ad limina Petri la ricchezza, la bellezza, ma anche le fatiche dei nostri vissuti ecclesiali e del nostro camminare insieme. Allo stesso tempo, incontriamo il Vescovo di Roma per condividere con lui le sfide odierne per l’annuncio del Vangelo, accogliendo come consegna la sua parola per tutte le nostre Chiese. E tutto questo in uno stile di grande franchezza, requisito essenziale per una Chiesa che voglia essere tutta sinodale».

LA STORIA

Il termine «Limina Apostolorum» risale ai primi secoli cristiani e significa «le tombe degli apostoli Pietro e Paolo», come stabilì il Sinodo di Roma nel 745 con Papa Zaccaria. La pratica riprende vigore nel 1585 con Sisto V che ripristina l’obbligo con cadenza triennale e con Benedetto XIV nel 1740. È il Concilio di Trento che rilancia alla grande la visita ogni 5 anni (10 per i vescovi extraeuropei). Il canone 399 afferma: «Il vescovo diocesano è tenuto a presentare ogni cinque anni una relazione al Sommo Pontefice sullo stato della diocesi affidatagli: si rechi nell’Urbe, veneri le tombe degli apostoli Pietro e Paolo e si presenti al Romano Pontefice». Inoltre «la visita si concreterà in una celebrazione liturgica che cementi la comunione ecclesiale ed edifichi coloro che vi partecipano».

LA VISITA PRECEDENTE DEI VESCOVI PIEMONTESI NEL 2013

Il primo incontro tra Papa Francesco e i vescovi subalpini – presidente era l’arcivescovo metropolita di Torino mons. Cesare Nosiglia – fu dieci anni fa, il 6-10 maggio 2013 per la «visita ad limina Apostolorum». Metà dei vescovi italiani la fece con Benedetto XVI e metà con papa Francesco, eletto il 13 marzo 2013. Disse mons. Nosiglia: «Ci presentiamo per una visita che è tutto meno che un rituale obbligato. C’è la novità, e anche l’umana curiosità, di incontrare il successore di Pietro che, in queste prime settimane di pontificato, ha saputo offrire ai cristiani e al mondo i veri “segni” della giovinezza perenne della Chiesa. La nostra gente attraversa fortissime difficoltà economiche e sociali. I tantissimi immigrati che vivono qui pagano duramente il cambiamento del modello di sviluppo che si incrocia con la crisi economica globale».

Cinquant’anni dopo il Concilio le diocesi subalpine – disse ancora Nosiglia – «hanno reso più forte e concreto il legame che le unisce. Mentre dovremo conoscere meglio, discutere, affrontare le difficoltà che colpiscono le aggregazioni laicali, soprattutto quelle impegnate nella cultura e nell’animazione sociale, abbiamo un quadro più chiaro dell’impegno comune delle nostre diocesi nel campo della nuova evangelizzazione. Intorno a questa sfida è cresciuta una collaborazione sul terreno dell’iniziazione cristiana, dove le diocesi seguono ormai orientamenti comuni perché maturati insieme, nello studio, nella preparazione, nel confronto tra vescovi, esperti, responsabili di catechesi e pastorale familiare dell’intera Regione. Lavorare insieme intorno al Battesimo significa anche rinsaldare legami con la realtà delle famiglie, provarsi a rinnovare una fede che magari si conserva ma non si esprime più come un tempo». In parallelo alla pastorale battesimale – sottolineò l’allora presidente della Conferenza episcopale regionale – «c’è un impegno comune rivolto ai giovani, affinché scoprano le loro ‘vocazioni’, cioè il senso profondo della vita, nella consacrazione come nel mondo. Si tratta di riproporre la libertà e la bellezza del Vangelo a quei popoli che, come il nostro, sono stati i primi a conoscerlo e testimoniarlo».

(fonti: «La Voce E il Tempo» del 14 gennaio 2024 e «Avvenire» del 23 gennaio)

IN ALLEGATO ampia intervista a mons. Franco Lovignana, vescovo di Aosta e presidente della Conferenza episcopale piemontese pubblicata su «La Voce E il Tempo» del 21 gennaio 2024

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